Quella bici non poteva essere sua. Trobbo bella e troppo costosa per un migrante. Cheikh ha 19 anni ed è uno dei tanti minorenni arrivati in Italia sui barconi senza l'accompagnamento di alcun genitore. Soli, insomma. Il Belpaese gli ha dato accoglienza e alla fine è stato ospitato da una famiglia a Torino. Una consulente finanziaria e un insegnante che hanno deciso di aderire all'iniziativa "rifugio diffuso" della pastorale Migranti torinese.
La sua nuova famiglia gli aveva regalato una bella bici pieghevole per permettergli di arrivare in orario al treno che lo porta ogni giorno nell'ufficio dove lavora come apprendista. Qualche giorno fa, scrive Repubblica, mentre stava per andare in stazione, è stato fermato da una pattuglia di agenti della polfer che lavoravano a Porta Nuova. Ha lasciato la sua bici lì per qualche secondo, giusto il tempo di sbrigare una commissione. Ed è scattata la domanda che tanto ha scosso l'adolescente senegalese: "Mi hanno detto che la bici non poteva essere mia, mi hanno chiesto se l’avessi rubata... Se fossi stato bianco non sarebbe successo", ha raccontato il ragazzo alla famiglia adottiva.
Che poi, ad una operatrice della Pastorale Migranti che si occupa dello sprar ha aggiunto: "Mi trattano come un figlio, ma per tutti resterò sempre un nero".E così ora Cheikh gira con lo scontrino della bicicletta in tasca. Per dimostrare che non l'ha rubata.
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