Cronache

"Infame". E ora Belleggia teme la vendetta dei fratelli Bianchi

I fratelli Bianchi, condannati all'ergastolo per l'omicidio di Willy, definirono Belleggia un "Infame". L'avvocato del giovane: "Sparita una intercettazione"

"Infame". E ora Belleggia teme la vendetta dei fratelli Bianchi

Teme una ritorsione in carcere da parte della malavita Francesco Belleggia, uno dei quattro imputati nel processo per l'omicidio di Willy Monteiro Duarte. I fratelli Bianchi, condannati lo scorso 4 luglio all'ergastolo per il brutale pestaggio, definirono il 25enne "infame". Nello specifico fu Marco Bianchi, a colloquio con il fratello maggiore (toltalmente estraneo alla vicenda) ad insultare l'amico: "Chio poraccio è morto così per chillo 'nfame de Belleggia", disse. "Su Francesco, il mio assistito grava la maledizione dell'infamia, spedirlo in carcere, a questo punto, vorrebbe dire condannarlo a morte", ha spiegato l'avvocato del giovane, Vito Perugini, al Corriere.it.

La posizione processuale di Belleggia

Francesco Belleggia è stato condannato a 23 anni di reclusione. Dei quattro indagati - ai tempi delle indagini preliminari, nel 2020 - fu l'unico ad ottenere gli arresti domiciliari. "Mi sono trovato in mezzo alla lite mio malgrado, - raccontò al gip - ho chiesto anche scusa all'altra comitiva per le frasi di Mario (Pincarelli ndr), poi ho reagito alla provocazione di Zurma (Federico Zurma, l'amico di Willy ndr) ma ero lontano quando hanno picchiato Willy". Ad aggravare la posizione processuale di Belleggia c'erano state le testimonianze di due amici dei fratelli di Artena: quella di Michele Cerquozzi (il ragazzo che telefonò a Marco e Gabriele Bianchi la sera del pestaggio) e di Omar Shabbani, un altro amico della coppia di Artena. I testimoni lo avevano riconosciuto per il braccio ingessato (Belleggia si era fatto male cadendo in motorino) e attribuirono le responsabilità del fatto al 25enne. Ma il giovane, al tempo studente di igegneria, aveva respinto le accuse: "Sono stati i fratelli Bianchi e Pincarelli a gonfiarlo di botte, io non c'entro niente", furono le sue parole.

L'intercettazione

Secondo l'avvocato Perugini c'è, però, una intercettazione "sparita dai radar processuali" - ha dichiarato al Corriere - che potrebbe presumibilmente ribaltare la posizione del suo assistito. "C’è un’intercettazione fondamentale scomparsa dai radar processuali, - ha spiegato il legale - si tratta di un frammento di conversazione avvenuta negli uffici dei carabinieri all’indomani dei fatti, quando Cerquozzi disse 'Questi sanno tutto, sanno quello che abbiamo fatto, sanno che se semo messi d’accordo...” che fine ha fatto?'".

Una frase "inequivocabile" che, a detta dell'avvocato di Francesco Belleggia, assegnerebbe definitivamente le responsabilità del pestaggio mortale ai Bianchi sostiene il difensore.

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