Pietro Orlandi: "Mia sorella Emanuela? Quella frase sibillina del Papa..."

Pietro Orlandi, parla dei 37 lunghi anni dalla scomparsa della sorella Emanuela: "Non ci fermeremo finché non sarà fatta giustizia"

Pietro Orlandi: "Mia sorella Emanuela? Quella frase sibillina del Papa..."

Sono passati trentasette anni dal rapimento di Emanuela Orlandi, la 15enne sparita da Roma il 22 giugno 1983 in circostanze mai chiarite e avvolte in un macabro mistero. “Sembra sia successo ieri, come se il tempo si fosse fermato”, dice Pietro Orlandi, fratello della ragazza, a IlGiornale.it.

Pietro, insieme alla mamma Maria e alle altre 3 sorelle, non ha mai smesso di cercare Emanuela, neanche per un solo giorno da quel doloroso mercoledì sera di inizio estate. “Io non riesco a vederla come una cosa lontana, - spiega - anche perché ci sono state, e ci sono ancora, sempre segnalazioni su presunti avvistamenti di Emanuela. Questi 37 anni non sono stati di attesa passiva ma di ricerca, indagini e inchieste. Non ci siamo mai fermati, non possiamo farlo finché non salterà fuori la verità”. Tante, quasi innumerevoli, le piste seguite dagli inquirenti per la risoluzione del caso: da un malaffare che coinvolgerebbe il Vaticano e la Banda della Magliana alla pedofilia. Ma nonostante gli sviluppi della vicenda avvalorino l'idea di un rapimento mirato, la narrazione dei media resta saldamente ancorata all'intreccio di una macabra scomparsa.

Emanuela: una scomparsa o un rapimento?
“Una persona sparisce se c'è una magia. Nel caso di Emanuela si tratta di un rapimento per rivendicazione, non so di che genere, ma è così. In questa vicenda ci sono delle persone che hanno grosse responsabilità. Ed è per questo motivo che, ne sono convinto, il silenzio si stia protraendo per tutti questi lunghi anni. Qui, se vengono fuori dei nomi, salta il banco. C'è tanta omertà e ingiustizia. Sono certo che il Vaticano, in qualunque modo sia coinvolto, sappia qualcosa”.

Cosa ti fa credere fermamente che il Vaticano c'entri con il rapimento?
“Il 3 luglio 1983, poco più che una settimana dopo la scomparsa, il Papa rivolse un appello ai rapitori di Emanuela durante l'udienza domenicale coi fedeli in San Pietro. C'era scritto persino nel consuetudinario bollettino emesso dalla Santa Sede per l'Angelus: 'rapimento Orlandi'. Era la prima volta che se ne parlava in modo così esplicito. E poi, a quello, ne seguirono altri 5 di appelli da parte del Pontefice. Perché? Ma c'è un'altra cosa che ritengo rilevante. In prossimità del Natale, Giovanni Paolo II venne a casa nostra per un augurio. Non dimenticherò mai una frase che pronunciò: 'Esistono casi di terrorismo nazionale e altri di terrorismo internazionale, Emanuela è il secondo'. Un Papa non fa un'affermazione del genere se non sa bene di cosa sta parlando”.

Sono state tante le piste al vaglio degli inquirenti in questi anni. Qual è, secondo te, la più attendibile. Insomma, quando hai avuto la sensazione di essere vicino alla verità?
“Quella dell'attentatore del Papa, il terrorista turco Mehmet Ali Ağca, è sicuramente una valida ipotesi. E credo che se la magistratura abbia seguito quella la pista per lungo tempo, un motivo ci sarà. Il terrorismo di cui aveva accennato Papa Giovanni Paolo II esisteva già. Poi, c'è quella legata alla Banda della Magliana e, quindi, della questione legata che tira in ballo lo IOR. Non mi stupirei se Emanuela fosse finita al centro di un grosso ricatto, un malaffare”.

Ma perché proprio Emanuela?
“Nel 1983 i cittadini vaticani erano pochissimi ed Emanuela era tra quelli. Una cosa che sfugge, quando si parla di questa vicenda è proprio questa: lei era una cittadina vaticana, non aveva una semplice residenza nella Città del Vaticano. Era una ragazza giovane, figlia di un commesso della Prefettura e della casa pontificia. Ci sono elementi a sufficienza per poter credere che la scelta non sia stata casuale”.

E allora, per quale motivo quella pista è stata abbandonata?
“In realtà, è accaduto con tutte le indagini riguardanti il caso. Senza mai giungere a conclusioni certe, senza mai avere conferme né del fatto che fosse viva o morta, tutte le piste sono state poi abbandonate. Alcune, come quella del fascicolo custodito in Vaticano, con 194 pagine di allegati in cui si faceva esplicito riferimento ai costi per 'l'allontamento della cittadina Emanuela Orlandi', in una pensione a Londra dal 1983 al 1997, non è stata ma approfondita”.

Parli del Dossier in cui sarebbero stati spesi dal Vaticano oltre 483 milioni di lire per il suo allontanamento?
“Sì, esattamente. Hanno disbrigato la faccenda alla svelta aggrappandosi a dei cavilli. Solo perché il documento non è firmato, allora, non può essere ritenuto attendibile? Si tratta di un dossier uscito dalla Santa Sede non da chissà dove. Non gli hanno dato l'importanza che meritava. Per questo motivo, sono sempre più convinto che il Vaticano c'entri qualcosa in questa storia”.

Ci sono stati degli anni in cui l'attenzione dei media sulla vicenda è calata. Cosa è accaduto durante quel silenzio?
“Le segnalazioni ci sono sempre arrivate e noi le abbiamo sempre verificate tutte. Abbiamo cercato Emanuela ovunque. Subito dopo il matrimonio, ad esempio, sono partito per Lucerna (Svizzera) perché pensavamo - speravamo - di trovarla lì. Ci giunse anche una segnalazione da Parigi, una fonte molto attendibile e vicina ai Lupi Grigi. Dissero che Emanuela si trovava in un appartamento nella capitale francese ma, quando i carabinieri fecero il blitz, era già vuoto. E sono certo che avesse un fondamento quella testimonianza. In una telefonata successiva, gli stessi confermarono di averla spostata prima del nostro arrivo. Sapevano come eravamo vestiti, dove avevamo svoltato con l'auto e tanti altri dettagli che non possono essere considerati irrilevanti”.

Lo scorso luglio sono stati ispezionati due loculi nel Cimitero Teutonico. “Cercate dove indica l'angelo”, recita un messaggio anonimo che vi è stato recapitato. Ma cosa indica davvero l'angelo di cui si parla nella missiva se poi le tombe erano vuote?
“L'angelo indica non la tomba ma la piastrella antistante. Lì, davanti al marmo, c'è una botola a cui si accede alla ormai famosa stanza vuota dove sono stati rivenuti 26 sacchi di ossa. Il Vaticano ha lasciato intendere che c'era solo una via di accesso a quella sorta di bunker, solo scavando nella terra lo si sarebbe raggiunto. Ma noi, dall'interno della camera sotterranea, ci siamo accorti che in realtà sia accede anche da una botola “dove indica l'angelo”. E non servono grossi sforzi per aprirla, ci sono quattro perni da tirare via. Se c'era qualcosa da eliminare da quel luogo, lo hanno fatto agevolmente”.

Perché mai? Cosa intendi dire?
“Che chi sa cosa è accaduto a mia sorella è ancora vivo o c'è ancora qualcuno da proteggere. Io non so in che misura il Vaticano siano coinvolto nella vicenda. Ma tra le mura della Santa Sede sanno qualcosa, ne sono convinto. Quando vado a casa di mia madre, che vive ancora tra le mura Leonine, i prelati si allontano se mi vedono. Come se avessero paura che io sia Pietro Orlandi. Ma noi continueremo a cercare Emanuela e, soprattutto, ad inseguire la verità. Finché non sarà fatta giustizia, non ci fermeremo”.

Forse ti sembrerà una domanda in opportuna. Credi che Emanuela sia ancora viva?
"La speranza non si è mai sopita.

Credo che mia sorella potrebbe essere ancora viva. Dopotutto, non ci sono prove del contrario. A volte, penso che viva in qualche paese lontano e abbia rimosso il passato. Basta poco per plagiare la mente di una ragazzina di 15 anni...".

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