Il pizzo dell'Antimafia

Il pizzo dell'Antimafia

I bagni di Lirio Abbate sulla barca di Antonello Montante (temporaneamente sospesi per esigenze cautelari in carcere) sono stati certamente purificatori. Per allontanare ogni sospetto sulla permeabilità alla corruzione del mondo del giornalismo.

Un tempo in Sicilia si davano i soldi alla mafia, si pagava il pizzo. Ora, grazie all'incontinente procura di Caltanissetta, si insinua che si danno all'antimafia, in modo cinico e consapevole. La premessa è che, per essere lasciati in pace, non essere diffamati, occorra pagare i giornalisti antimafia. All'amico Ivan Lo Bello, altro celebre imprenditore antimafia, Montante dice: «Vacci, dunici du miliuni e quattrocentomila euru all'anno e non rompono i coglioni... capisti?».

Inquietante è la vicenda che riguarda Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, giornalisti del Fatto Quotidiano, intenzionati ad aprire un nuovo giornale online. Montante e Lo Bello suggeriscono di pagare per evitare attacchi mediatici dai due giornalisti. Un imprenditore parla di due bonifici da 10mila euro e di altre offerte.

Dunque il sistema Montante rivela che per il mondo industriale il vero pericolo non è la mafia, ma l'attività antimafia di giornalisti militanti che vanno pagati per acquisirne disponibilità e benevolenza. Non basta più un «Lirio in barca», occorrono gli «euri in banca».

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