Cronache

Regeni, così l'Egitto spiava gli investigatori italiani

Il team dei nostri investigatori monitorato per otto settimane. Nel mirino anche l'ambasciata a Il Cairo

Regeni, così l'Egitto spiava gli investigatori italiani

Il caso Regeni continua a far salire la tensione tra Italie ed Egitto. Dopo il no da parte de Il Cairo sulla trasmissione dei tabulati delle telefonate agli investigatori italiani, l'Egitto alza ancora la voce contro il governo italiano accusando Roma di "politicizzare il dossier" del ragazzo morto qualche mese fa. Ma adesso emerge un nuovo retroscena. A quanto pare gli investigatori italiani sarebbero stati spiati dalle autorità egiziane durante le indagini sulla morte del ragazzo. Per otto settimane, tra il 5 febbraio e il 30 marzo, giorno e notte, gli egiziani, secondo quanto riporta Repubblòica, avrebbero monitorato ogni mossa, ogni spostamento e comunicazione del nostro team investigativo al Cairo. Una mossa che avrebbe costretto a pratiche carbonare il nostro personale diplomatico.

E a riferirlo sarebbero stati tre uomini dello Sco della polizia e i tre del Ros dei carabinieri dopo pochi giorni dal loro arrivo al Cairo, alla metà di febbraio. I nostri apparati investigativi, sempre secondo quanto riporta Repubblica, sono costretti a definire routine operative rigidissime, da guerra di spie. Al team al Cairo viene vietato di utilizzare le mail, di agganciarsi a qualunque sorgente Wi-fi, in luoghi privati o aperti al pubblico, nonché il servizio di messaggistica tradizionale da smartphone e l'applicazione WhatsApp. Insomma le indagini dei nostri investigatori sarebbero finite nel mirino delle autorità egiziane.

Un'altra pagina buia su una vicenda che continua ad essere oscura.

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