Cronache

La regina riservata al fianco di Gianni, conobbe il dolore ma imparò ad amare la vita

Origini nobili e carattere schivo. "Ho capito che l'esistenza non è espiazione". La morte del figlio Edoardo e le liti con Margherita

La regina riservata al fianco di Gianni, conobbe il dolore ma imparò ad amare la vita

Se Gianni Agnelli era «il re d'Italia», Marella era la regina. E nel 2003, dopo la morte dell'Avvocato, come una regina madre si ritirò dalla scena pubblica, che peraltro aveva sempre frequentato poco. Rarissime le interviste, quel che sappiamo di lei è nei suoi libri, che parlano di giardini e di arte, le sue passioni; due hanno un taglio autobiografico: Ho coltivato il mio giardino, scritto con la nipote Marella Caracciolo Chia (Adelphi 2014) e La signora Gocà, che parla della sua famiglia d'origine (Adelphi 2015).

Suo padre, Filippo Caracciolo, principe di Castagneto, era un diplomatico antifascista, e nel 1944 fu sottosegretario all'Interno nel secondo governo Badoglio, dove si adoperò per l'ingresso dei comunisti al governo. Fu poi segretario del Partito d'Azione e segretario generale aggiunto del Consiglio d'Europa. La madre Margaret Clarke era un'americana, come quella di Gianni, discendente da un'antica famiglia che aveva fatto fortuna producendo whisky. Era nata a Firenze il 4 maggio 1927, mediana fra due fratelli che amava (Carlo, del 1925, sarà editore dell'Espresso e di Repubblica; Nicola, del 1931, giornalista e storico). A 22 anni andò a Parigi per studiare disegno e scenografia teatrale, poi a New York, dove fece la modella e l'assistente per il grande fotografo Erwin Blumenfeld.

Tornò in Italia nel 1952, proprio quando Gianni, che aveva sei anni più di lei, ebbe il grave incidente d'auto che lo costringerà a zoppicare per tutta la vita. Amica delle sorelle, andò a trovarlo in ospedale e si innamorarono subito, anche se Marella dichiarerà: «Per Gianni la donna va conquistata. Non si innamora», ma parlava delle altre. Gianni aveva «i difetti caratteristici dell'italiano: di mio padre, di mio fratello Carlo», in compenso «mi ha insegnato a godermi la vita» (Enzo Biagi, Il signor Fiat). E a Vogue, nel 1997: «Un motivo per cui adoro la famiglia di mio marito è che sono convinti che la vita sia fatta per essere goduta, non sia solo dovere ed espiazione».

Si sposarono il 19 novembre del 1952, perché lei aspettava un bambino, Edoardo, che morirà suicida nel 2000. Seguì Margherita, nel 1955, che porterà tanti nipoti insieme ad altri dolori recenti - nella vita di Marella. Il dolore sembrava inesistente per la giovane coppia Agnelli-Caracciolo, che presto si affermò anche a New York, dove divennero il simbolo dell'eleganza italiana e dove Richard Avedon le scattò una foto oggi celebre: fu lui a soprannominarla «Il Cigno», per il suo magnifico collo. Così la chiamava anche Truman Capote, che corresse le bozze di A Sangue Freddo sullo yacht degli Agnelli, in crociera al largo della Turchia. Divennero poi amici di John Fitzgerald Kennedy, all'epoca presidente, e di sua moglie Jacqueline: la first lady era considerata la donna più affascinante del mondo, eppure aveva un'aria provinciale accanto a Marella che, sempre perfetta, fu determinante nella nascita del mito Agnelli.

L'Avvocato, in compenso, non era celebre per la sua fedeltà, e in un'intervista a Gianni Minoli, per Mixer, spiegò: «Ho conosciuto mariti fedeli che erano pessimi mariti. E ho conosciuto mariti infedeli che erano ottimi mariti. Le due cose non vanno necessariamente insieme». Sul «Cigno» invece non si poteva dire niente, e lei sapeva di essere la sola di cui Gianni potesse affermare: «Viviamo insieme da una vita. A quel punto l'altra persona diventa una parte di sé: come si fa a dirsi amici? È di più, molto di più, è un pezzo di te stesso» (Gianni Agnelli, Rizzoli 2007).

Sempre rimanendo dietro le quinte, lo consigliava sulle questioni più importanti, come la decisione di assumere la presidenza della Fiat nel 1966. A metà degli anni Sessanta cominciarono a trascorrere più tempo a St. Moritz, amata da Marella, e meno nel sud della Francia e a New York. Frequentarono di più una cerchia ristrettissima di torinesi, tutti ambivano a un invito a casa loro. Gli esclusi fingevano disinteresse e lamentavano che dagli Agnelli non si mangiava abbastanza, per fare intendere che avevano ricevuto un invito a pranzo. Più che di mondanità, Marella si occupava di iniziative benefiche. Combatté una battaglia per bandire gli zoo in Italia e ottenne la chiusura di quello torinese. Diede vita al gruppo Amici Torinesi dell'Arte Contemporanea, che organizzava mostre. Nel 1967 «Le Muse inquietanti. Maestri del Surrealismo», e nel 1971 un'altra sull'espressionismo tedesco, «Il Cavaliere Azzurro». Richiamò intorno a sé un circolo di intellettuali, artisti e scrittori, e nel 1975, fu tra i fondatori del Fai (Fondo Ambiente Italiano), che restaurò subito il Castello di Masino e il Castello della Manta, e rilanciò Area, un'associazione per aiutare i portatori di handicap.

Le arti visive - perfette per il suo temperamento di esteta impaziente - erano la passione intellettuale dell'Avvocato, e Marella aveva un gusto innato e coltivato con gli studi. Misero insieme una straordinaria collezione e nel 2002 lasciarono alla città di Torino la Pinacoteca Gianni e Marella Agnelli, al Lingotto, con una parte delle opere raccolte per una vita: sei Canaletto e sette Matisse, La baigneuse blonde di Renoir e Velocità astratta di Giacomo Balla, Lanciers italiens au galop, dipinto nel 1915 da Gino Severini, due Picasso, uno del periodo cubista, l'Homme appuyé sur une table, e uno del periodo blu, L'Hétaire, La Négresse di Manet, un nudo di Modigliani, due vedute di Dresda del Bellotto, il dipinto di un alabardiere di Tiepolo e due sculture di Antonio Canova.

L'Avvocato incoraggiò il talento di Marella per la decorazione di interni e i giardini spettacolari. A Villa Frescot, sulle colline torinesi, ne creò uno con alberi da frutto, un orto di piante aromatiche, una zona di fiori da taglio, bordature fiorite e siepi di bosso sagomato, nello stile tradizionale dei giardini piemontesi; nella casa, stuoie di vimini, tappezzerie ricercatamente semplici; realizzò una linea di stoffe con foglie, bacche e motivi floreali dai colori caldi su uno sfondo neutro, registrandola con il nome Italian Design, Inc. Poi cominciò a creare decori per la ceramica da tavola, mobili, asciugamani e carta da lettere. Nel 1977 le venne assegnato il «Product Design Award of the Resources Council inc.», una specie di Oscar del settore. Se gli oggetti potevano essere acquistati, pochi potevano vedere i suoi lavori nel verde, e pubblicò diversi libri sui giardini.

Nella primavera del 1970 venne inaugurata, con una serie di cene, la nuova residenza romana, proprio di fronte al palazzo del Quirinale, che l'aristocratico stilista Hubert de Givenchy definì «l'unica casa contemporanea che possiede una vera grandezza». Lo chalet Chesa Alcyon, vicino a St. Moritz, comperato all'inizio degli anni Settanta, divenne il luogo preferito di Marella, specialmente quando Gianni partiva per i viaggi più lunghi. Nei pressi del monte Suvretta, con una vista a volo d'uccello sul lago Maloja, era la casa dove passava più tempo, dedicandosi al suo lavoro, agli amati cani husky e a «quello che è uno dei grandi lussi della vita: leggere». Si deve alla sensibilità artistica di Marella anche la nascita di una delle più curiose e affascinanti installazioni di arte contemporanea oggi presenti in Italia: l'immensa serie di opere costruita a Niki de Saint Phalle nel parco di Garavicchio, la casa di campagna dei Caracciolo in Maremma.

Soprattutto, regalò al marito una perfetta organizzazione della vita quotidiana, indispensabile a un'esistenza bella e scattante come voleva lui. Finché, intorno al 2000, iniziarono le malattie, le disgrazie, i lutti, la crisi della Fiat, le liti giudiziarie con la figlia Margherita. «Anche i ricchi piangono», si diceva parlando di lei. Ma Donna Marella, così la chiamavano, ha avuto il bene di vedere tutto risolversi. Il gruppo è saldamente nelle mani di un discendente di Gianni e suo, John Elkann, e si è realizzato il sogno dell'Avvocato su una Fiat sempre più internazionale.

A quasi ottanta anni decise che la sua vita sarebbe andata avanti, attiva, e l'attività preferita da Marella era rendere belle le case e i giardini. Comprò e rese magnifica una proprietà vicino a Marrakech, 26 ettari in una zona chiamata Aïn Kassimou, «l'occhio della fonte», che a volte aveva affittato insieme a Gianni.

Ci passava l'inverno, coltivando il suo giardino.

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