Un "sostanziale accordo per coprirsi a vicenda": era questa la realtà degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, nell'occhio del ciclone dopo la pubblicazione delle intercettazioni dove primario e medici ridevano degli orrori ed orrori commessi dai colleghi in sala operatoria. Ieri sono continuati gli interrogatori dei sei medici e dell'ostetrica sospesi dall'esercizio della professione medica e indagati nell'ambito dell'inchiesta "Mala Sanitas". A finire davanti al Gip Antonio Laganà, ai pm Roberto Di Palma e Annamaria Frustaci e al procuratore aggiunto Gaetano Paci è stato l'ex primario Alessadro Tripodi, considerato dagli investigatori il "pilastro" del sistema di occultamento degli errori dei colleghi nell'ospedale.
A differenza degli altri indagati, Pasquale Vadalà, ex primario, e due assistenti, Filippo Luigi Saccà e Daniela Manuzio (che hanno preferito avvalersi della facoltà di non rispondere) Tripodi ha parlato e pare abbia risposto alle domande dei pm, indicando dettagliatamente i particolari delle cartelle cliniche finite sotto l'occhio della magistratura. "L’interrogatorio – ha detto il legale di Tripodi, l’avvocato Giovanni De Stefano – è stato particolarmente approfondito e si è svolto in un clima di assoluta serenità tra le parti. Voglio sottolineare che nel corso dell’interrogatorio sono stati contestualizzati gli eventi con un’analisi puntuale delle cartelle cliniche". Secondo quanto riportato alla fine dell'interrogatorio, scrive il Corriere della Calabria, Tripodi avrebbe anche indicato le omissioni commesse dai colleghi. Quelle omissioni su cui aveva riso al telefono con altri colleghi, come emerso dalle intercettazioni, senza rispetto per i pazienti rimasti coinvolti. Su una paziente che aveva ricevuto lesioni all'utero da parte dei medici che la stavano operando, Tripodi ride: "Stava morendo, no? - dice - sto animale fa queste cose ogni volta", La paziente nell'occasione, scrive quicosenza.it, sarebbe rimasta "aperta e con le pezze sul tavolo operatorio perché il dottore non sapeva come rimediare al danno". Lesioni di cui non si parla nelle cartelle cliniche, la cui responsabile sarebbe la dott.ssa Antonella Musella, che avrebbe anche coperto i suoi errori: "La sussistenza di tali lesioni – si legge nelle carte di indagine – si trae dalle conversazioni telefoniche intercettate, sopra sinteticamente illustrate, e il fatto che non ve ne sia menzione nel referto operatorio accluso alla cartella clinica attesta la consapevolezza e volontà dei medici operanti di occultare alla donna ed ai suoi congiunti la natura e l'origine delle complicazioni insorte nel corso dell'operazione".
Si parla di aborti non voluti, "vagine sfondate" e bambini intubati malamente, con i tubi respiratori finiti nel sistema digerente invece che in quello respiratorio e che, come riporta quicosenza.it, ora vivono in stato vegetativo. Ma quello che emerge dall'inchiesta è soprattutto il sistema di occultamento degli errori dei medici. "Allora....chiudete questa cartella in un cassetto. Chiudila nell'armadio intanto...", si legge infatti nelle intercettazioni. "L'odierna operazione investigativa ha disvelato, a parere di chi scrive - dice il Gip Laganà, riportato dal Dispaccio - un autentico "sistema", un usuale (ed illecito) modus operandi sanitario per cui non appena si "incappa in un errore e/o in un imprevisto" di cui sopra –con (anche solo) "potenziale" attivazione di responsabilità medica/professionale, bisogna "prendere la cartella (inerente al caso di specie) e chiuderla nell'armadio".
Tripodi ha risposto anche alle
accuse di aver provocato un aborto non voluto alla sorella, dicendo che "lei e la famiglia sapevano". Evidenza negata dalla donna, che ha detto ai pm di non essere stata informata dell'impossibilità di partorire il figlio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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