Coronavirus

Treviso, rivolta nel focolaio più grande: migranti devastano caserma

È sommossa tra i migranti della caserma Serena di Treviso con oltre 130 contagi: distrutta l'infermeria della struttura dopo l'istituzione della zona rossa da parte di Luca Zaia

Treviso, rivolta nel focolaio più grande: migranti devastano caserma

Quello dell'ex caserma Serena di Treviso è uno dei più grandi focolai scoppiati in Italia dopo la fine del lockdown. Oltre 130 contagiati tra migranti e operatori hanno messo in allarme la città e l'intera regione, che ha visto risalire in modo esponenziale i contagi. I controlli sono scattati immediatamente dopo la scoperta delle prime positività al Covid e hanno coinvolto a tappeto tutti gli ospiti dell'hotspot. Tutti i migranti e gli operatori positivi sono stati messi in quarantena in attesa della negativizzazione del tampone ma nel frattempo nell'ex caserma è scoppiata la rivolta in dissenso delle misure di contenimento del contagio.

L'intera ex caserma Serena, infatti, è stata messa in isolamento. Il governatore della Regione Veneto, Luca Zaia, ha deciso che la struttura dovrà essere trattata come se fosse una zona rossa, pertanto nessuno potrà entrare o uscire per il tempo necessario all'estinzione del focolaio. "Il virus non deve uscire dalla caserma. Per me la caserma rimane zona rossa dal punto di vista sanitario e gli ospiti devono sottostare a regole sancite per legge. Il soggetto positivo va incontro a multa e conseguenze penali se esce dalla quarantena. Il soggetto negativo deve stare in quarantena", ha affermato il governatore, che nella sua conferenza ha fatto il focus sulla correlazione tra nuova diffusione del virus e sbarchi: "L'ospitalità va garantita a chi scappa dalla morte e dalla fame, i dati ci dicono che questi casi costituiscono il 5% del totale. Il 90% degli arrivi riguardano cittadini che vengono da Paesi in cui non c'è guerra o persecuzione. Non capiamo per quale motivo dobbiamo avere in Veneto oltre il 55% dei focolai che vengono da fuori".

Luca Zaia ha deciso di proseguire sulla linea del pugno di ferro, anche per rispetto a tutti quelli che nei mesi del lockdown sono stati ligi alle regole: "Abbiamo 5 milioni di veneti che sono stati chiusi in casa per mesi. Non capisco quale sia il problema per 300 persone. Qui si vede se lo Stato esiste o no. Resta inteso che strutture come queste vanno dismesse, questo sistema di ospitalità è fallimentare in tutti i sensi". La decisione del governatore del Veneto non è piaciuta ai migranti dell'ex caserma Serena di Treviso, che hanno messo in atto una vera rivolta. Una sommossa in piena regola che si è compiuta con il lancio di alcune brande, computer e mobili. L'infermeria della struttura è stata devastata dall'assalto dei migranti contrari alla decisione di Luca Zaia di istituire la zona rossa sanitaria per la caserma, impedendo di fatto gli spostamenti a chi si trova al suo interno. "Non c'è pace a Treviso, caserma Serena (133 immigrati positivi su 293, principale focolaio Covid italiano): sommossa degli 'ospitì, non vogliono stare in quarantena e distruggono l'infermeria! Siamo ancora di più a fianco del sindaco che chiederà i danni allo Stato per il danno incalcolabile creato all'immagine del territorio trevigiano, al turismo, alle aziende", così Matteo Salvini su Twitter ha commentato i fatti.

Non è l'unica azione di rivolta in Veneto, dove anche a Jesolo si assiste a scene di disordine sociale in un altro centro per immigrati. Agli ospiti sarebbe arrivato l'esito negativo del terzo tampone negativo e questo è per loro sufficiente per interrompere l'isolamento e lasciare la struttura. Come riferisce il Corriere di Verona, i migranti si sarebbero quinti presentati davanti all'ingresso ma le forze di polizia a presidio della struttura hanno impedito loro di uscire, visto che manca ancora il via libera da parte dell'azienda sanitaria, l'unica autorità a poter interrompere l'isolamento. Da qui è iniziata la protesta, con i migranti che hanno gridato a gran voce le loro ragioni. Capito che non c'era possibilità, gli ospiti del centro hanno fatto il giro e si sono presentati dalla parte opposta, in una parte non presidiata che si affaccia sulla spiaggia, a pochi metri dai lettini di un hotel 5 stelle e dai bagnanti. Qui hanno iniziato a protestare con grida e con uno striscione. "Qui non c'è il Covid-19, stanno mentendo. Siamo qui chiusi per niente", questo è quanto affermano.

Tuttavia, come si legge nel Corriere di Verona, "I tamponi eseguiti 7 giorni dopo il primo test avrebbero mostrato che alcuni soggetti inizialmente negativi si sono positivizzati. Si tratterebbe di 4 persone, subito allontanate dagli altri e isolate. Tuttavia questi referti hanno portato il conteggio della quarantena per tutti al giorno zero". La protesta, in questo caso, non ha causato danni ed è sempre stata tenuta sotto controllo dall'esercito, dalle forze di polizia e dalla Croce Rossa che gestisce il centro di accoglienza.

Commenti