Cronache

"La faccio a pezzi e la buttiamo là": i dettagli choc sulla morte di Saman

La sera prima della scomparsa, i familiari di Saman si sarebbero riuniti per pianificare i dettagli del delitto. Il movente dell'omicidio, secondo il tribunale del Riesame, è da ricondurre al rifiuto delle nozze combinate

"La faccio a pezzi e la buttiamo là": spuntano i dettagli choc sulla morte di Saman

"La faccio a pezzi piccoli e se volete porto anch'io a Guastalla, buttiamo là". Sarebbe questo il contenuto choc di alcune dichiarazioni rese dal fratello di Saman Abbas, la 18enne pakistana di cui non si hanno più notizie dallo scorso aprile, nel corso dell'incidente probatorio in Procura a Reggio Emilia. Il ragazzo ha rivelato agli inquirenti che, il giorno precedente alla scomparsa, in casa Abbas si sarebbe tenuta una "riunione familiare" per pianificare i dettagli del delitto. Intanto, secondo il tribunale del Riesame di Bologna, il movente dell'omicidio sottenderebbe il rifiuto del matrimonio combinato che "affonda in una temibile sinergia - si legge nell'ordinanza - tra i precetti religiosi e i dettami della tradizione locali".

"La faccio a pezzi piccoli e la butto là"

S'infittisce di dettagli macabri la misteriosa scomparsa di Saman Abbas per cui è stato aperto un fascicolo in Procura a Reggio Emilia con l'ipotesi di reato per omicidio premeditato e occultamento di cadavere. La premeditazione, già avvalorata dai video che immortalerebbero alcuni membri del clan Abbas aggirarsi con fare sospetto nelle campagne di Novellara il giorno della scomparsa, troverebbe ulteriore riscontro in alcune dichiarazioni rese ai pm dal fratello minore della 18enne.

Stando a quanto riporta Repubblica.it, il ragazzo avrebbe riferito di una "riunione familiare" tenutasi la sera del 30 aprile in cui sarebbero stati definiti i dettagli del piano delittuoso. All'incontro avrebbero partecipato lo zio della giovane, Danish Hasnain, i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq. Uno dei partecipanti si sarebbe proposto di farsi carico della sepoltura del cadavere. "Ha detto: 'Io faccio piccoli pezzi e se volete porto anch'io a Guastalla, - dichiara il fratello di Saman - buttiamo là, perché così non va bene".

"Lo sposo è troppo grande per me"

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Saman Abbas sarebbe stata vittima di una congiura familiare dopo aver rifiutato le nozze combinate con cugino in Pakistan. Il movente dell'omicidio "affonda in una temibile sinergia - si legge nel testo dell'ordinanza -tra i precetti religiosi e i dettami della tradizione locali (che arrivano a vincolare i membri del clan ad una rozza, cieca e assolutamente acritica osservanza pure della direttiva del femminicidio)".

La 18enne, ospite in una struttura protetta dopo la denuncia di induzione al matrimonio, aveva affidato le sue preoccupazioni ai carabinieri. "Parlando con mia madre le dicevo: 'Dai mamma, tu sei una mamma, lui è troppo grande per me, - aveva raccontato la ragazza ai militari dell'Arma lo scorso 3 febbraio - anche lui non vuole sposarsi con me'. Lei mi rispondeva che non è una decisione mia".

"Dal primo momento in cui ho saputo che la loro intenzione era quella di farmi sposare con mio cugino, io ho detto di non volerlo fare", spiegava Saman ai carabinieri. Poi, il racconto delle violenze subite dal padre Shabbar: "Le reazioni di mio padre erano violente a livello fisico. Mi picchiava. Una volta, 5 mesi fa, ha lanciato un coltello nella mia direzione e non ha colpito me, ma mio fratello che aveva 15 anni, ferendolo a una mano. Mi picchiava perché io volevo andare a scuola, ma lui non voleva".

Il cugino Ikram resta in carcere

Tra i 5 indagati con l'ipotesi di reato per omicidio premeditato e occultamento di cadavere, oltre ai genitori di Saman (ancora latitanti), vi sono anche lo zio Danish Hasnain, ritenuto l'esecutore materiale del delitto, i due cugini Nomanhulaq Nomanhulaq e Ikram Ijaz. Quest'ultimo, in carcere dallo scorso maggio, avrebbe partecipato alla fase preparatoria del piano delittuoso.

Secondo gli inquirenti, il coinvolgimento di Ijaz sarebbe suffragato da "elementi di fortissima valenza indiziaria", ovvero, "la subitanea fuga all'estero" del 6 maggio. Il pakistano fu intercettato in Francia, verosimilmente in fuga con il cugino Nomanhulaq Nomanhulaq, mentre tentava di raggiungere lo zio Danish Hasnain.

Per il tribunale del Riesame di Bologna la partenza improvvisa è "priva di qualsiasi spiegazione se non strettamente motivata dalla corresponsabilità nell'omicidio e dalla conseguente necessità di sottrarsi al perseguimento di tale delitto". Ma non è tutto.

La spiegazione fornita da Ikram al video in cui sarebbe stato immortalato con il piede di porco e la pala la sera dell'omicidio è stata smentita dal datore di lavoro e un'altra testimone. Il cugino di Saman, interrogato dopo la cattura, aveva raccontato che l'attrezzatura gli sarebbe servita per la pulizia di una canalina.

Dunque, i giudici bolognesi hanno confermato l'ordinanza del gip respingendo la richiesta di scarcerazione formulata dal legale del pakistano. "Non è emerso il benché minimo senso di commozione per la terribile sorte della povera giovane che pure è una sua parente, il benché minimo rimprovero per chi un tale gesto ha compiuto, - si legge ancora nel testo dell'ordinanza riportata da Repubblica.it - né il minimo dubbio sulla correttezza etica di quei dettami della tradizione in ossequio ai quali l'omicidio è stato commesso".

Ikram Ijaz "si è posto freddamente e fedelmente al servizio di un feroce assassino mosso dalla tradizione culturale e religiosa che lui stesso condivide".

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