Se Leone frena l'ossessione mediatica per il Vaticano

Se questa vicenda ci dice qualcosa del nostro tempo, allora, la storia che ci racconta è fatta di bulimia comunicativa, uno stato perenne di sovreccitazione, fame mai sazia di emozioni artificiali a buon mercato

Se Leone frena l'ossessione mediatica per il Vaticano
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A tre settimane dalla scomparsa di Papa Francesco, passate le esequie, chiuso il Conclave ed eletto Leone XIV, possiamo fermarci un istante e chiederci che impatto abbia avuto questa vicenda nello spazio pubblico italiano. Come l'hanno trattata i media? Che cosa ci racconta del nostro tempo? Credo si possa dire che ha avuto un impatto sproporzionato al suo rilievo, innanzitutto. La successione al soglio pontificio è un evento proverbialmente raro ed è di straordinaria importanza, ovviamente. Ma lo è davvero a tal punto da giustificare le decine di pagine che ogni giorno, per tre settimane, gli hanno dedicato tutti i quotidiani? Le centinaia di ore delle trasmissioni radiofoniche e televisive? Mentre nel frattempo per non prendere che qualche esempio i conflitti in Ucraina e Medio Oriente andavano avanti, si ravvivava quello fra India e Pakistan, Stati Uniti e Regno Unito raggiungevano un accordo commerciale? C'è stato qualcosa di patologico nell'ossessione vaticana di queste ultime settimane.

Quell'ossessione ha avuto ben poco a che vedere con la dimensione religiosa dell'avvenimento. È stata irreligiosa, anzi, se non blasfema, perché si è concentrata sul Pontefice a totale detrimento di Cristo e del suo messaggio. Il segnale lo abbiamo avuto subito, del resto, e non poteva che darcelo il calcio: si è giocato serenamente di Sabato Santo e nella domenica di Pasqua, con buona pace di Nostro Signore e della sua passione, ma tutto si è fermato lunedì, non appena si è venuto a sapere della morte di Francesco. Il Papa ha avuto la forza di far fermare il campionato, insomma. Cristo no.

L'ossessione mediatica per la successione al soglio non è stata poi così diversa dalle tante altre ossessioni mediatiche dei nostri giorni, in definitiva, con Francesco e Leone nel ruolo delle celebrities e il processo di selezione del nuovo Papa vissuto come un talent show. Se questa vicenda ci dice qualcosa del nostro tempo, allora, la storia che ci racconta è fatta di bulimia comunicativa, uno stato perenne di sovreccitazione, fame mai sazia di emozioni artificiali a buon mercato. Ci si può chiedere, per altro, fino a che punto tutto questo abbia risposto a una richiesta reale dell'opinione pubblica, e quanto invece sia stato prodotto dai meccanismi interni che governano i mass media. La morte di Papa Bergoglio ha mobilitato folle di certo imponenti, ma una frazione di quelle che diedero l'ultimo saluto a Papa Wojtyla vent'anni fa centinaia di migliaia oggi, milioni ieri. E questo sembrerebbe rafforzare l'ipotesi che quanto è accaduto in queste ultime tre settimane sia il frutto di dinamiche proprie dei media più che dell'opinione pubblica.

Bulimia comunicativa e sovreccitazione perenne non possono che generare delusione. Che cosa dovrà mai fare il povero Leone XIV, adesso, per giustificare retrospettivamente l'attenzione spasmodica che ha circondato la sua ascesa al trono di Pietro? Altro che pace in Ucraina o in Medioriente, dovrà per lo meno fermare lo scioglimento dei ghiacci ed eliminare la fame dalla faccia del Pianeta. L'isteria non giova a chi occupa una posizione di leadership nemmeno quando è positiva, insomma, poiché alimenta aspettative smisurate che saranno inevitabilmente disattese.

Papa Prevost dev'essersi ben accorto di quanto pericolosa sia questa sovraesposizione della figura del Pontefice, in termini sia religiosi sia secolari, se nell'omelia che ha pronunciato venerdì scorso alla Messa Pro Ecclesia ha sottolineato come «chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità» abbia l'obbligo irrinunciabile di «sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e

glorificato». Ha lanciato un messaggio importante, e mi sembra abbia pure preso le distanze dallo stile di Bergoglio. Ma è tutto da vedere che ciò valga a riportare un po' di saggezza in un tempo isterico come il nostro.

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