Non sarà certo la scintilla di un cortocircuito, probabile causa del rogo della Torre dei Moro domenica a Milano, a placare la voglia di cielo connaturata nell'uomo. E, pur senza scomodare l'impulso ancestrale svelato fin dall'antichità nel mito di Icaro, è evidente come Milano abbia da tempo scelto di affiancare le grandi metropoli che investono in un futuro di sviluppi verticali. E questo per ovvie ragioni economiche e anche ecologiche che puntano ad aumentare le densità abitative nei gangli produttivi, diminuendo al contempo il consumo di suolo. Così come cominciò a predicare Gabriele Albertini, sindaco di Milano, già allo spirare del secolo scorso. Ma anche perché è di tutta evidenza come, per chi se lo può permettere, abitare a un ventesimo piano sia più gratificante che vivere nel sottoscala. E così colpisce come, in un meccanismo così perfetto, ci sia a un certo punto un granellino che inceppa il meccanismo. Che tante vite così ben organizzate siano improvvisamente e tristemente sconvolte da un evento tanto nefasto e devastante. Casuale e dunque inevitabile, o frutto di negligenza e ancor peggio di una logica del profitto che in nome di un maggior guadagno mette a rischio la vita di tante persone? È la domanda a cui dovranno dare risposta i magistrati, incalzati da ieri mattina dai residenti nei quali la paura aveva già lasciato il posto alla rabbia. Famiglie che, di fronte ai ricordi e ai guadagni di una vita visti andare in fumo in pochi minuti, si sono sentite sciorinare normative pre o post 2013. Come se ricoprire un palazzo con materiale rigorosamente ignifugo dovesse essere un obbligo imposto per legge e non una norma di semplice buonsenso da applicare a un progetto immobiliare di tale portata. Così come mantenere perfettamente funzionante un impianto anti incendio. Saranno i giudici a individuare eventuali omissioni o colpe, per adesso resta lo sgomento delle immagini e soprattutto quella sensazione di un fuoco che ha distrutto una così mirabile opera dell'uomo.
Superba nel doppio senso: dell'imponenza della realizzazione, ma anche della sfida magari anche un po' arrogante lanciata alle leggi della natura e financo al destino. Quel superamento dei limiti che ha proprio nella ricerca della verticalità uno dei suoi duelli più irresistibili. E che Milano oggi incarna come poche altre città al mondo.
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