
L'unica carta dei tarocchi a non avere un numero è il matto. È lo zero, che cambia il destino se lo metti prima o dopo. È niente o è troppo, in ogni caso rappresenta un punto di svolta. Si ricomincia. Le carte marsigliesi lo mostrano come un uomo in cammino, che indossa un costume da pagliaccio con campanellini in testa. Si muove verso destra con uno sguardo deciso che evoca qualcosa di incognito e gli occhi levati al cielo come una preghiera o una speranza. La mano sinistra sorregge un fagotto che contiene ciò che resta della sua grandezza. Il personaggio avanza grazie a un bastone simbolo di potere e lo segue un animale chiaro che sembra un gatto. Il matto è la prima carta degli arcani maggiori e simboleggia l'inizio e la fine, qualche volta è raffigurato sull'orlo dell'abisso. Ecco, Donald Trump è il folle, il matto, di questo tempo confuso. La sua carta però non è affatto scontata. Il matto è il signore degli all inn, se vince si prende tutto. È uno dei tanti avventurieri che ogni tanto si presentano sulla scena della storia. È lo spirito del caos, che al momento però sembra non sbagliare un colpo, anche se quei colpi, purtroppo, ci fanno male.
C'è un errore ricorrente, una tentazione intellettuale, un riflesso condizionato che ci rende miopi: ridere di Donald Trump. Sottovalutarlo. Considerarlo un buffone, un'infezione passeggera, un'anomalia del sistema. L'Europa, soprattutto, lo ha sempre trattato come una caricatura: un parrucchino, un tweet, un'isteria. Il potere, quando è vero, però entra senza bussare. Ed è quello che sta accadendo. Trump non è simpatico, non è rassicurante, non è uno statista da manuale. Lo si può odiare, lo si può temere, ma sarebbe da ingenui non prenderlo sul serio. Lo hanno fatto già una volta, e ha vinto. Lo stanno facendo di nuovo, e sta vincendo ancora. È tornato alla Casa Bianca come un fiume carsico che riemerge dove meno te lo aspetti. E nel giro di un mese ha rimesso l'Europa all'angolo. Gli è bastato esistere. L'Europa non sa come reagire. Si aggiusta il nodo alla cravatta, abbassa lo sguardo e firma.
La strategia sui dazi potrebbe danneggiare l'America in modo profondo. Trump è convinto di no. Si è messo in testa che danni e vantaggi si vedranno con il tempo, nel medio periodo. Il suo obiettivo adesso non è economico ma politico e quasi morale. Non è solo una questione di cifre: è la pedagogia della punizione. Trump non cerca un compromesso, vuole insegnare una lezione. Vuole dimostrare che gli Stati Uniti non sono più il bancomat del mondo. Finora ci sta riuscendo, facendo capire agli alleati occidentali che devono pagare il costo dell'equilibrio mondiale. È la stessa logica dei costi per la difesa. Vogliamo aiutare l'Ucraina? La Nato compra le armi, certo, ma dagli Stati Uniti. Il riarmo europeo sarà, in gran parte, un riarmo made in Usa. Missili, droni, sistemi radar, software di difesa: tutto americano. È un capolavoro economico e politico. L'Europa paga per difendersi, ma paga comprando armi americane. È come farsi proteggere da un buttafuori che ti obbliga a comprargli i guanti, la giacca e le scarpe. Nel G7 presieduto dal Canada, è andato in scena un altro miracolo trumpiano: l'esenzione delle aziende americane dalla Global Minimum Tax. Quella tassa, che doveva colpire i giganti del digitale, i colossi della Silicon Valley, è sparita.
Google, Apple, Microsoft, Meta, Amazon: salvi.Tutto questo sgretola l'Occidente? Non c'è dubbio, ma Trump vuole un Occidente senza finzioni. È un Occidente dove l'Europa non può vivere di passato. Il vecchio matto ti costringe a immaginare il futuro.