Con Trump l'Italia giochi la carta mediterranea

L'Italia un vantaggio competitivo sembra avercelo, ed è la sua posizione strategica. Ci troviamo dove il mondo si incrocia, punto di snodo tra le economie dei sistemi atlantico, euro-mediterraneo e indo-pacifico

Con Trump l'Italia giochi la carta mediterranea
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Donald Trump è imprevedibile come una pallina del flipper. Cambia idea con disinvoltura, confonde gli alleati, destabilizza gli avversari, spiazza i cronisti. Alcuni tratti del suo "disordine strategico" iniziano, non di meno, a delinearsi. Abbiamo compreso che il trumpismo non è una variante del classico isolazionismo americano. Non ricerca il disimpegno dal mondo. I fatti parlano chiaro: raid contro gli Houti raddoppiati rispetto all'era Biden, attacchi mirati contro l'infrastruttura nucleare iraniana, dichiarazioni muscolari del vicepresidente Vance in occasione delle elezioni nei paesi europei: dalla Germania alla Romania. Sul punto hanno avuto ragione quanti, non credendo conveniente tagliare i ponti con l'America, con Trump hanno tentato di stabilire un dialogo equilibrato. Non si sono schiacciati su di lui ma non l'hanno neppure demonizzato. La discontinuità sta, piuttosto, nella ridefinizione della leadership americana. Come ha scritto Giovanni Orsina su queste pagine, Trump vuole un'America di nuovo grande senza che tale ambizione venga pagata dai suoi concittadini. Il costo della protezione americana va ora redistribuito tra chi ne ha beneficiato gratis per decenni. Da qui il "diktat" sulle spese Nato al 5% del Pil e i dazi usati come una sorta di clava geopolitica.

Questa postura presidenziale però, paradossalmente, mette in difficoltà proprio quanti non hanno voluto precipitosamente chiudere i conti con la nuova America. Prima fra tutti Giorgia Meloni, il presidente del consiglio italiano che ha puntato sulla identità occidentale mettendo a disposizione dell'Europa i suoi rapporti privilegiati con l'alleato transatlantico. Le ultime mosse di Trump su spese militari e dazi, infatti, almeno al momento, non fanno intravedere sconti da parte di Washington, né a livello bilaterale né in sede europea. Meloni rischia così il fuoco incrociato su tre fronti: le spese militari, che costano in termini di bilancio e consenso; i dazi, che penalizzano l'export proprio quando ne avremmo più bisogno; l'energia, variabile delicatissima per chi, come noi, dipende dai rubinetti altrui.

Eppure, il quadro geopolitico consiglia di non demordere. L'Italia un vantaggio competitivo sembra avercelo, ed è la sua posizione strategica. Ci troviamo dove il mondo si incrocia, punto di snodo tra le economie dei sistemi atlantico, euro-mediterraneo e indo-pacifico. A Sud, protesi verso il "Mediterraneo allargato", possiamo esercitare una grande influenza. Qui si intersecano le rotte dell'energia, i flussi migratori, le nuove competizioni sulle materie prime e le "terre rare" carburante del Ventunesimo secolo. Se l'Europa cerca un'autonomia strategica, questa passa dal Sud globale. E se c'è un Paese che può giocare la carta mediterranea, quello è l'Italia. Certo, nulla è scontato come dimostra la Libia. Qui Vladimir Putin, dopo il "game over" del regime di Assad a Damasco, sta spostando uomini e mezzi militari in Cirenaica, trasformando la costa in una piattaforma di proiezione strategica per la Russia. Il suo obiettivo è avere una testa di ponte verso l'Africa sub-sahariana. Per questo la guerra in Ucraina a est e i sommovimenti a sud sono più connessi di quanto sembrino e la minaccia per l'Italia più prossima di quanto venga percepito.

Ma ogni minaccia contiene anche un'opportunità. Se Meloni saprà maneggiare difesa, dazi ed energia, non come mine vaganti ma come variabili di una strategia unitaria, allora il vantaggio derivato dalla nostra posizione strategica potrà tradursi in influenza nel complicato scenario di transizione dell'ordine mondiale. Sul piano transatlantico, dove la guerra si combatte ormai sulla doppia frontiera orientale e meridionale, l'Italia può rivendicare una bussola che non ha mai smesso di funzionare. E l'Europa ha tutto l'interesse che quella divenga anche la "sua" bussola, perché con Trump, per non perdere, bisogna massimizzare il valore di ciò che si ha in comune.

In tal modo, anche l'interesse nazionale italiano, che con il "piano Mattei" si è già evidenziato, aumenterà. E Occidente, Europa, Nazione potranno essere coniugati assieme: per realismo e non per ideologia.

Gaetano Quagliariello

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