Si è chiuso al Teatro7 Lab di Milano il progetto triennale “Blonde d’Aquitaine: European Beef Excellence”, cofinanziato dall’Unione Europea e gestito da Asprocarne Piemonte e France Blonde d’Aquitaine Sélection. Un evento che ha provato a mettere ordine in tre anni di attività promozionali della razza bovina da carne originaria del sud-ovest della Francia, nata ufficialmente nel 1962 dalla fusione di tre razze (Garonnaise, Quercy e Blonde des Pyrénées) e molto diffusa anche in Italia, dove la richiesta di carne è superiore alle risorse autoctone e dove la Blonde d’Aquitaine ha trovato un territorio d'elezione, specialmente in Piemonte, per le sue carni magre, tenere e delicate grazie alla conformazione genetica e alla particolare struttura muscolare fine di questi animali e al rigoroso sistema di controllo che ne garantisce l'eccellenza lungo tutta la filiera.
Il programma triennale è stato analizzando grazie ai dati elaborati da Nomisma, responsabile della valutazione del programma. E che hanno evidenziato la complessità del mercato ma anche gli esiti incoraggianti della campagna. Nel 2024 i volumi di acquisto domestico della carne bovina sono scesi del 2,3 per cento tra consumatori sempre più guardinghi e orientati a tre driver fissi: origine italiana, convenienza, tracciabilità. Eppure, dentro questo quadro poco incoraggiante, il progetto ha messo a segno risultati tangibili. Enrico Marinucci di Nomisma ha illustrato un dato che basta da solo a raccontare la traiettoria della campagna: la quota di consumatori che non conosceva la Blonde d’Aquitaine è scesa dall’84 per cento al 78. Un passo avanti piccolo ma misurabile, tanto più in un comparto dove farsi spazio non è proprio una passeggiata.
La crescita di notorietà ha avuto un riflesso anche sui consumi, sebbene limitati: la quota di utilizzatori negli ultimi dodici mesi è salita dall’1 al 3 per cento. Una nicchia, certo, ma una nicchia che si muove. E si muove verso l’alto, perché chi la conosce continua ad attribuirle un posizionamento “premium”. Lo confermano i Net Score: +50 per cento per la tracciabilità, +49 per l’immagine di qualità, +47 per la sicurezza e i controlli. Numeri che raccontano una reputazione solida, nonostante ostacoli molto concreti: la scarsa reperibilità – 49 per cento nei negozi, 19 nei ristoranti – e un prezzo che rimane alto per quasi un terzo dei consumatori. Tradotto: ottima percezione, ma serve più presenza sugli scaffali e nei menu.
La tavola rotonda riservata ai giornalisti, moderata da Paolo Massobrio, ha chiamato a raccolta Franco Martini e Simone Mellano, presidente e direttore di Asprocarne Piemonte, per fare il punto sulle strategie future. Subito dopo, lo chef Roberto Pirelli del Lisander Restaurant di Malgrate ha offerto una dimostrazione pratica del perché questa carne sia considerata di fascia alta: Tartare di Blonde d’Aquitaine con tuorlo marinato, crema di Grana Padano DOP affumicata e crumble alle erbe, e una Tagliata con burro nocciola, ristretto di Nebbiolo e insalatina di campo.
Essendo un progetto rivolto tanto ai media quanto ai consumatori, la giornata è proseguita con una cena interamente dedicata alla Blonde d’Aquitaine al nuovo ristorante Fassushi di Milano, dove la carne è stata riletta in chiave contaminata: Tagliata con fondo bruno e wasabi e i “Ravyoza”, ravioli-gyoza con sugo al brasato.
Asprocarne Piemonte, nata nel 1985 e riconosciuta l’anno seguente dalla Regione, oggi riunisce 400 soci per oltre 130.000 bovini allevati, pari al 25 per cento della produzione regionale.
La sua missione – migliorare, qualificare, promuovere e commercializzare le carni dei propri allevatori – da anni comprende anche il lavoro sulla Blonde d’Aquitaine. Un percorso che, dati alla mano, sembra aver trovato un suo spazio, nonostante un mercato che tutto è tranne che semplice.