Retrogusto

Bressan, la poesia dello Schioppettino

Il produttore friulano segue una sua filosofia produttiva molto rigorosa, rifugge da ogni moda e la sua sincerità politicamente scorretta lo ha emarginato dalle guide. Ma i suoi vini sono di un’espressività singolare, soprattutto il notevolissimo autoctono rosso, dal naso di pepe bianco, e il Pignol che esce da tredici anni sui lieviti potente ed elegante

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Personaggio anomalo nel mondo patinato del vino italiano, brusco, autentico, sincero al limite del politicamente scorretto, e per questo bannato da alcune guide e dal discorso mainstream, Fulvio Bressan è un poeta irregolare dell’Isonzo, nel Friuli profondo, dove produce dei vini di rimarchevole espressività, lontani da ogni moda e da ogni slogan, che fin dalle etichette sembrano arrivare da un’altra epoca enologica. Quasi da un altro pianeta. Quello del bressanismo.

Bressan viene da una famiglia che fa vini da secoli, anche se il suo vero punto di riferimento è il padre Nereo, che gli ha trasmesso l’amore per la sua terra, l’Isonzo, per vigna come madre di un prodotto straordinario, del mestiere di vignaiolo come artista solitario. Bressan ha venti ettari tutti di proprietà e produce al massimo 35mila bottiglie all’anno, ma negli anni in cui avversità meteorologiche lo rendono infelice della qualità dell’uva, lui nemmeno vendemmia. Una delle tante scelte personali e anticommerciali, che fanno parte del manifesto da lui sviluppato negli anni, con pratiche e filosofie produttive estremamente rigorose che prevedono, tra l’altro, la selezione manuale massale delle viti, la potatura manuale, la coltivazione personale del vigneto, l’utilizzo esclusivo di concimi naturali, la rinuncia da qualsiasi tipo di irrigazione, anche di soccorso, la vendemmia manuale di uve mature e quindi il rifiuto delle raccolte anticipate, la fermentazione ottenuta attraverso lieviti indigeni, senza l’uso di quelli industriali, la rinuncia di qualsiasi aggiunta ai mosti di anidride solforosa, il divieto dell’uso di aromatizzanti biologici o chimici, la maturazione dei vini sule fecce fini fino all’imbottigliamento, la rinuncia alla filtrazione, l’uso esclusivo di tappi di sughero monopezzo, l’etichettatura manuale. Di fatto si tratta di regole più rigide di un regime biologico, che però Bressan non persegue come certificazione, perché per lui è più importante la certificazione- Bressan.

Fulvio Bressan in cantina
Fulvio Bressan in cantina

Insomma, avrete capito che il tipo non è facile, ma come dicevo i suoi vini sono superlativi. Il suo Schioppettino, che ho assaggiato nell’annata 2018, è uno vino di un’eleganza naturale, profondo, espressivo, con una nota dominante al naso di pepe bianco davvero irresistibile, che si assomma alla mora selvatica, al mirtillo, al muschio selvatico e una bocca rotonda, acida, calda. Un’espressione davvero notevole di uno dei vitigni indigeni friulani più tipici, anche se poco diffuso per le difficoltà che propone al viticoltore sia in vigna sia in cantina. Bressan lo coltiva in località Corona nel comune di Mariano del Friuli (che per inciso è il luogo natale di Dino Zoff), in vigne di 42 anni di età con rese bassissime. L’uva è indotta alla surmaturazione per spingere il frutto a compensare la pronunciata acidità del vitigno, poi segue la fermentazione spontanea sulle bucce per trenta giorni e l’affinamento sui lieviti in botti da 2mila litri di legno friulano per il tempo necessario a soddisfare Bressan, che poi lo travasa in acciaio per tre mesi e lo mette in bottiglia senza la filtrazione che secondo lui impoverisce e sbianchetta il vino.

Bressan, le vigne

Bressan ha voluto farmi assaggiare anche il Pignol 2010, un vino davvero indescrivibile, un Pignolo in purezza che ha fatto tredici anni sui lieviti in botte, ciò che ha trasformato l’antico rozzo villico in un signore di campagna colto e raffinato. Confesso che si è trattato di uno dei miei migliori assaggi degli ultimi tempi perché, al di là dalla descrizione organolettica non agevole, si tratta di un prodotto dalla personalità indomabile, che si esprime su note differenti a ogni assaggio, uno di quei campioni talmente completi in ogni fondamentale da indurre alla tentazione dell’iperbole. Gli altri vini firmati Bressan sono i bianchi monovitigno Verduzzo e Grigio in Grigio (un Pinot Grigio macerato per otto mesi sulle bucce e invecchiato per tre anni e mezzo in legno di pero selvatico) e il blend Carat (Friulano, Malvasia e Ribolla Gialla). Il rosato Rosantico, Moscato Rosa vinificato sulle bucce.

E i rossi Pinot Nero, N°3 Bressan (Schioppettino, Pinot Nero, Cabernet Sauvignon) ed Ego (Schioppettino e Cabernet Sauvignon).

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