Retrogusto

Grumello, la fortezza della Valcalepio

Una cantina ospitata in un vecchio maniero, che ha contribuito alla rinascita enologica del territorio stretto tra Bergamo e il lago di Iseo. I vini rossi sono blend di Cabernet Sauvignon e Merlot (ma c’è anche l’autoctono Merera), i bianchi a base di Chardonnay, Pinot Grigio. E c’è anche un vino da vitigni “resistenti”

Grumello, la fortezza della Valcalepio

Ascolta ora: "Grumello, la fortezza della Valcalepio"

Grumello, la fortezza della Valcalepio

00:00 / 00:00
100 %

La Valcalepio è una delle denominazioni meno conosciute del vigneto Lombardia, un territorio stretto tra la città di Bergamo, la zona collinare a Nord e il lago d’Iseo a Est che era apprezzato già dai romani, che qui portarono la vite e ne favorirono lo sviluppo. Plinio il Vecchio fece recensioni molto positive della produzione vinicola attorno a quella che oggi chiamiamo Scanzo. Poi l’industria vitivinicola declinò, a causa della concorrenza del baco da seta e del gelso, quindi arrivò la fillossera. La Valcalepio sarebbe potuta finire, ma la tempra dei bergamaschi ebbe la meglio e il “loro” vino sopravvisse, e gode oggi di ottima salute.
Una delle aziende storiche della Valcalepio è il Castello di Grumello, una dimora di origine medioevale, che fu dapprima una fortezza e come tale ospitò anche il condottiero Bartolomeo Colleoni impegnato in una delle sue ben pagate scorribande e poi fu trasformato in una residenza patrizia che passò di mano in mano tra alcuni nobili casati: i conti Suardo, i marchesi Del Carretto, i principi Gonzaga di Vescovado. Furono questi ultimi a introdurre nella tenuta la coltivazione di un vitigno importato dalla Francia, che allora si chiamava Burdunì ma altro non era che il nobile Cabernet Sauvignon. Poi la tenuta è passata nel 1953 alla famiglia milanese dei Kettlitz Reschigna che nel 2022 l’hanno venduta ad Angelo e Daniel Gotti.
La produzione vitivinicola, curata dall’enologo Paolo Zadra, punta sull’alta qualità, favorita dal fatto che la cantina vinifica solo uve proprie (quindici gli ettari vitati) e i vini fermentano e maturano sotto le volte antiche dei sotterranei, dove un tempo c’erano anche le prigioni del maniero. In carta tutti i vini classici del territorio, alla definizione della cui identità la stessa azienda ha potentemente contribuito. Le uve sono quelle internazionali che qui si sono adattate, diventando di fatto autoctoni: del Cabernet Sauvignon abbiamo già detto, ma lo stesso discorso vale per il Merlot, per lo Chardonnay, per il Pinot Grigio e per il Pinot Bianco. L’azienda ha anche curato negli ultimi decenni la sopravvivenza del Merera, un vitigno locale che rischiava la scomparsa e ha puntato sui vitigni resistenti Bronner e Johanniter, i cosiddetti PIWI, che per molti costituiscono il futuro della viticoltura sostenibile.
Circa centomila le bottiglie prodotte. Il Burdunì (un Bergamasca Rosso Igt) è un taglio bordolese di Cabernet Sauvignon e Merlot che matura in barrique per dodici mesi e si predispone a un buon invecchiamento. Note di frutta rossa e di vaniglia, bocca piena e vellutata, abbinamenti classici, come formaggi di media stagionatura e carni. Il Colle Calvario, un Valcalepio Dop Riserva, matura in barrique per quattordici mesi e, dopo qualche altro mese di evoluzione in bottiglia, va sul mercato con aromi ricchi e balsamici, un gusto austero ed elegante. Un vino nobilissimo, che si presta ad abbinamenti importanti, come carni rosse e selvaggina e promette longevità. Il Medera, a base Merera in purezza, matura in acciaio inox ed è un Igt Bergamasca Rosso dal grande carattere, dalla media prospettiva di invecchiamento. Il VR è un Valcalepio Rosso Dop che matura in botte grande e in cemento, fresco e di piacevole beva. Tra i bianchi ecco il VB, Valcalepio Dop Bianco, blend di Chardonnay e Pinot Grigio classico del territorio che fa solo inox ed è delicato ma non banale. Ed ecco Le Noci, il vino da uve resistenti che matura sulle fecce fini per nove mesi e che esibisce aromi di frutta bianca ed erbe aromatica e una vivida salinità in bocca.

Infine il Valcalepio Dop Moscato di Scanzo passito Ros, con un naso di marasca e una bocca in cui la dolcezza è vivificata da un buon equilibrio complessivo.

Commenti