Che cos’è la post-trattoria? E’ “un luogo che parte dalla tradizione per approdare a qualcosa di intimo, personale, contemporaneo” grazie a “un lavoro di ricerca che lo mette in relazione con altri locali italiani che stanno riscrivendo, ognuno con il proprio stile, i codici della ristorazione”. Parole (e musica) di Francesca Barreca e Marco Baccanelli, che da oltre 20 anni guidano Mazzo, nel quartiere popolare di San Lorenzo, a Roma (quello bombardato durante la guerra, con papa Pio Pio XII a braccia spalancate a consolare il suo gregge spaventato) dove i due chef dimostrano la volontà e la capacità di riscrivere i linguaggi tradizionali con cui si parla di cibo e con cui si costruisce la tavola. “Quella della post-trattoria – dicono loro - non è un’operazione nostalgia, che cadrebbe necessariamente vittima di anacronismi, ma un campo di sperimentazione dalle lenti culturali aperte”. Insomma, la post-trattoria non è una copia della trattoria ‘di una volta’, mitizzata e piena di idealizzazioni, ma una sua evoluzione pienamente contemporanea.
Per trasmettere meglio le loro idee, Barreca e Baccanelli hanno anche elaborato un manifesto in otto punti, che qui vi elenchiamo (sono brevi, non temete). Punto uno: nella post-trattoria la tradizione è personale. La post-trattoria è infatti “un luogo di cucina tradizionale, ma in una dimensione attuale e identitaria, ricca di tutti i riferimenti culturali propri di chi guida la trattoria”. Punto due: la post-trattoria adotta un linguaggio accessibile a chiunque. “Nella post-trattoria la tavola continua ad essere fatta di immediatezza e spontaneità. nonostante lo studio e la tecnica dietro ogni piatto, l’obiettivo è arrivare a tutte e tutti, senza tecnicismi esibiti o futurismo forzato”. Punto tre: la post-trattoria offre un servizio informale ma informato. “Il servizio nella sala di una post- trattoria è condotto con un’informalità consapevole. Siamo contro il nozionismo a tutti i costi: la sala deve saper dialogare e fornire informazioni su richiesta del cliente. Le spiegazioni dettagliate dei piatti, così come quelle dei vini, non devono essere però imposte, ma condivise se il cliente manifesta curiosità”.
Andiamo avanti. Il punto quattro recita così: la post-trattoria è fatta di scelte consapevoli: “Il menu di una post-trattoria è stagionale e locale, intesi come scelte precise e consapevoli, e non come diktat o mode. La post-trattoria è un racconto condiviso con allevatori, contadini, vignaioli, affinatori, artigiani: una rete di persone che danno forma, materie e ispirazioni alla tavola”. Il punto cinque è un inno alla condivisione dei piatti: “Nella post-trattoria i piatti sono fatti anche per essere condivisi, perché portare al ristorante abitudini casalinghe crea connessioni più forti”. Il punto sei tratta del progetto imprenditoriale: “Se la trattoria nasce in un contesto familiare, la post-trattoria è un progetto imprenditoriale che deve essere sostenibile, sul piano economico e lavorativo, per chi lo gestisce e per chi ci lavora”.
Infine gli ultimi due punti. Il primo valorizza il bere bene anche se “la post trattoria può trascurare gli abbinamenti cibo-vino e allontanarsi dai soliti canoni che, pur essendo studiati e sensati, nella dinamica di una ristorazione informale possono risultare un po’ stretti. E questo vale per tutto: dai vini più o meno codificati alle birre, fino al no/low alcohol e ai distillati”. Infine la post trattoria è un posto autentico e vissuto: “La post-trattoria è un insieme delle nostre passioni: condividerle significa far sentire chi arriva come a casa, la nostra È un luogo autentico, che abitiamo e personalizziamo nel tempo, seguendo un’estetica chiara e coerente, senza rincorrere trend o formule già viste”.
Attenzione, non si tratta solo di parole. Basta andare da Mazzo e assaggiare alcuni piatti che giocano con la tradizione senza trattarla come un reperto museale: ad esempio la Trippa fritta alla romana, le Ruote pazze con la genovese di pannicolo, la Pancia di maiale in cottura cinese.
Mazzo è nato nel 2013 nel quartiere di Centocelle, ma Marco e Francesca avevano mixato i propri percorsi già da tempo, utilizzando il cibo come strumento per esprimersi e connettersi agli altri e facendolo dialogare con linguaggi solo apparentemente lontani come l’illustrazione, la musica, l’arte e il design. Quando apre ha un solo tavolo da dieci posti e si vanta di essere il ristorante più piccolo della capitale. Poi nel 2019 Mazzo chiude a Centocelle (al suo posto apre Legs, un progetto pop interamente dedicato a pollo fritto, panini con vegetali e birre artigianali) e parte Mazzo Invaders, un tour che porta in giro per il mondo l’idea di cucina e di convivialità di Barreca e Baccanelli e poi il progetto ritrova casa, nel 2023, in via degli Equi a San Lorenzo. Un locale più curato, progettato assieme a Studio Mgl con molti dettagli anni Sessanta- Settanta e ricco di ispirazioni cinematografiche, artistiche e musicali. All’ingresso del ristorante c’è una zona Vineria in cui è possibile fare un aperitivo o una cena. Un elemento fondamentale è l’Oblò, che fa incontrare il classico pass “a fessura” con la cucina a vista.
Mazzo è anche un listening restaurant: da una library di quasi mille vinili ogni sera viene fatta una selezione da suonare durante il servizio. In più MAZZO ha un profilo Spotify, dove vengono pubblicate mensilmente playlist tematiche.
Mazzo, via degli Equi 86, Roma. Tel. 0669420455. Sito Web https://mazzoroma.it. Aperto tutte le sere tranne la Domenica dalle 18 alle 20 per l’aperitivo (senza prenotazione) e dalle 19 per la cena articolata in due turni