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La pinsa romana, l’invenzione della memoria

Un libro celebra il percorso che ha condotto Corrado Di Marco a sviluppare un prodotto dalle radici antiche ma molto contemporaneo per leggerezza e responsabilità e che lo ha portato a creare un’azienda che oggi distribuisce in oltre 70 Paesi e che nel 2024 ha superato i 32 milioni di basi prodotte. Una storia imprenditoriale di successo che diventa un romanzo

La pinsa romana, l’invenzione della memoria
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È una storia che parte da lontano e arriva molto più in là di quanto il forno di casa potesse immaginare. Corrado Di Marco racconta il percorso che lo ha portato a trasformare un’intuizione in un’impresa internazionale, mettendo insieme memoria familiare, una certa ostinazione e una lunga frequentazione con farine, lieviti e tempi d’attesa. Il risultato è un libro (“L’Invenzione della Pinsa Romana”, Mondadori, 192 pagine, 25 euro) che non si limita a celebrare un prodotto, ma prova a spiegare come si costruisce un’idea quando si decide di non seguire la strada più battuta.

Siamo nei primi anni Novanta, a quasi vent’anni dalla scomparsa del padre Domenico. L’eredità non è fatta solo di ricordi, ma di un’idea rimasta in sospeso. Di Marco la riprende e la spinge più avanti, con una convinzione che oggi suona quasi inevitabile, ma che allora aveva tutta l’aria di una deviazione azzardata. «Il desiderio di dar vita a qualcosa di mai creato prima era sempre più forte», racconta. E come spesso accade, a fare da rete di sicurezza c’è la famiglia, pronta a sostenere anche le intuizioni meno rassicuranti. Ai figli lascia un consiglio che vale anche come manifesto imprenditoriale: provare a fare la differenza e non avere troppa paura del mare aperto. Il libro segue questo filo e lo intreccia con il racconto di una pizza che pizza, a un certo punto, smette di essere. La pinsa romana nasce dopo oltre duemila test di fermentazione e una ricerca che ha il sapore della sartoria artigiana: misure prese, aggiustamenti continui, tentativi riusciti e altri da rifare.

Forma ovale, mix di farine di frumento, soia e riso, pasta madre. Anche il nome guarda indietro, al gesto del “pinsere”, lo schiacciare gli impasti a fine giornata, quando il lavoro era fatica vera e non storytelling. Intorno a questa idea si è costruita un’azienda che oggi distribuisce in oltre 70 Paesi e che nel 2024 ha superato i 32 milioni di basi prodotte. Numeri che fanno impressione, ma che Di Marco continua a riportare al banco di lavoro: la ricerca e sviluppo resta il centro di tutto, con lui ancora in laboratorio per gran parte della giornata. L’impresa, arrivata alla terza generazione, resta a gestione familiare, con i figli coinvolti nei ruoli chiave e una produzione che rivendica attenzione all’ambiente e alla responsabilità sociale, dai forni elettrici al packaging riciclato, fino alla collaborazione con il Banco Alimentare. Nel libro trovano spazio anche ricette firmate da chef che usano la pinsa come base creativa, segno che l’intuizione iniziale ha ormai cambiato scala.

Ma il tono resta quello di una storia raccontata senza enfasi eccessiva: più che un punto di arrivo, un percorso fatto di prove, errori e una discreta dose di testardaggine. In fondo, l’idea di Corrado Di Marco è tutta qui: prendere una tradizione, schiacciarla quanto basta e vedere se regge il peso del futuro.

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