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Sodano e Genovese, quattro mani e quattro stelle

Domenica 14 dicembre lo chef del Ristorante Famiglia Rana a Vallese di Oppeano, appena insignito della seconda stella Michelin, ospiterà il cuoco franco-calabrese del Pagliaccio di Roma (che due macaron li vanta da molti anni) nel corso di una serata unica che riunirà l’allievo al suo maestro. Un incontro di cucine rigorose e straordinariamente libere

Sodano e Genovese, quattro mani e quattro stelle
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Dopo le cene a quattro mani dello scorso anno – una piccola tournée internazionale che aveva portato in Veneto Andrea Selvaggini del Savage di Oslo e Andrea Antonini di Imàgo all’Hassler di Roma – a Vallese di Oppeano si prepara un nuovo capitolo della saga. Questa volta, a casa di Francesco Sodano, arriva Anthony Genovese, 2 Stelle Michelin al Ristorante Il Pagliaccio di Roma. L’appuntamento è per domenica 14 dicembre, una data scelta non solo per offrire una serata unica, ma per sancire un ritorno, quasi un abbraccio professionale, tra maestro e allievo.

Perché, al di là dei piatti, qui la notizia è la reunion: Sodano ha sempre riconosciuto in Genovese il proprio mentore, l’uomo che ha segnato il suo percorso e che oggi ritrova dopo aver centrato a sua volta la sua seconda stella Michelin al Ristorante Famiglia Rana. Il cuoco di origini calabresi guida Il Pagliaccio dal 2003, un’istituzione capitolina che da oltre vent’anni continua a muoversi tra creatività, rigore e quella libertà stilistica che lo ha reso uno dei talenti più riconoscibili d’Italia.

Il clima, nelle intenzioni, è quello di un invito a casa. Non un evento ingessato, ma una cena che porta con sé gratitudine, riconoscenza e inevitabile emozione. Per l’occasione i due chef hanno costruito un menu unico, destinato a rimanere irripetibile, sette atti gastronomici in cui si alterneranno ai fornelli per un percorso calibrato al millimetro.

Si parte con gli amuse bouche: Genovese firma “Tartelletta, levistico e funghi” e “Colazione d’Oriente: coda di bue, miso e cacao”, mentre Sodano risponde con il “Cannolo ripieno di kimchi, yuzu kosho e jalapeño” e la “Tartelletta con miso di nocciole, crema di koji e crème fraîche, lenticchie beluga”. Primi messaggi, chiari: l’uno fedele al suo Oriente immaginario, l’altro alla sua geografia di fermentazioni e contrasti.

Sugli Antipasti, invece, si apre la doppia rotta: il maestro con “Il viaggio: ricciola, carciofi e foie gras”, l’allievo con “Scampo e granchio tra Varanasi e Hong Kong”, piatto che gli ispettori della Guida Michelin 2026 hanno definito tra i più sorprendenti dell’anno. Ai Primi, Genovese porta a Oppeano il suo “Un incontro inaspettato: il coniglio e la seppia”, mentre Sodano recupera la memoria della costiera sorrentina con il “Risotto tra la costiera e l’Oman”.

Si prosegue con i piatti principali: la “Guancia di tonno al barbecue” di Sodano – dichiarazione d’amore alle lunghe maturazioni – e l’“Anatra, mole e arancia amara” secondo Genovese, esercizio di stile su un classico senza tempo. Pre-dessert affidato all’ospite, “Ananas, cocco e zafferano”, prima del gran finale: il “Negativo di pane e Nutella”, signature del Ristorante Famiglia Rana, qui proposto in una versione impreziosita dal Tartufo Bianco. La piccola pasticceria conclude il percorso con quattro assaggi, due per ciascun cuoco, come una stretta di mano definitiva.

La cena costa 185 euro, 130 per l’abbinamento vini. Per chi vuole esserci – e accettare il tacito rischio di non ritrovare mai più lo stesso menu – il riferimento è il Ristorante Famiglia Rana, in via Feniletto a Vallese di Oppeano. E-mail: info@ristorantefamigliarana.it.

Una realtà che nasce da un’altra intuizione, quella di Gian Luca Rana, che immaginò questo luogo come un’oasi di pace immersa nella natura, poco lontano da Verona, e soprattutto come uno spazio dove condividere esperienze e trasformare idee in ricette.

Qui la sostenibilità non è un’etichetta, ma un metodo: materie prime eccellenti, piccoli produttori, filiere accorciate. Un contesto che si presta bene a ospitare un incontro come questo, dove il talento passa da una generazione all’altra senza formalità, come un ingrediente che non ha bisogno di presentazioni.

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