Irlanda, approvata la legge anti-vino: cosa cambia per le etichette

Nonostante le preoccupazioni e le obiezioni di Paesi come Italia, Francia e Spagna, e le proteste dei produttori di tutta Europa, l'Irlanda ha convertito in legge il regolamento che prevede l'obbligo di etichettare gli alcolici: perché Dublino sbaglia

Irlanda, approvata la legge anti-vino: cosa cambia per le etichette
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Ora è ufficiale: il ministro irlandese della Salute Stephen Donnelly ha convertito in legge il regolamento che prevede l'obbligo di etichettare gli alcolici con avvertenze sanitarie. La legge prevede che le etichette stampate sui prodotti alcolici indichino il contenuto calorico e i grammi di alcol nel prodotto. Verrà inoltre sottolineato il rischio di consumo di alcol durante la gravidanza e quello legato alle malattie del fegato e ai tumori mortali dovuti all'abuso di alcolici. L'Irlanda è il primo Paese al mondo a introdurre tali norme, che entreranno in vigore dal gennaio 2026, per dare tempo alle aziende produttrici di alcolici di adeguarsi.

"Questa legge è pensata per fornire a tutti noi consumatori una migliore comprensione del contenuto di alcol e dei rischi per la salute associati al suo consumo". Con queste informazioni, ha spiegato il ministro, "possiamo prendere una decisione informata sul nostro consumo di alcol". Il ministro della sanità pubblica, del benessere e della strategia nazionale contro le droghe Hildegarde Naughton ha dichiarato: "Tutti hanno il diritto di essere informati sui rischi associati a un prodotto prima di consumarlo".

Si accende il dibattito

La conversione in legge del regolamento sugli alcolici arriva a seguito di un acceso dibattito nel quale i produttori europei di vino, birra e liquori hanno dichiarato guerra al piano irlandese che collega gli alcolici al cancro, sostenendo che tale normativa danneggerà il mercato unico dell'Unione europea. Spirits Europe, un gruppo che rappresenta piccoli distillatori e grandi produttori di alcolici tra cui il produttore di Guinness Diageo e Pernod Ricard che produce il whiskey irlandese Jameson, ha presentato una denuncia ufficiale, chiedendo alla Commissione europea di avviare una procedura di infrazione contro l'Irlanda. Lo stesso ha fatto Brewers of Europe, che rappresenta i produttori di birra dell'Ue in 29 paesi, e il Comitato europeo delle aziende vinicole (Ceev), che agisce per conto di 7mila produttori di vino, che presentato una denuncia simile all'Unione europea. Ma nonostante le proteste dei produttori e le obiezioni formali avanzate da le obiezioni formali da 13 paesi dell'ue, tra cui Francia, Italia e Spagna, Bruxelles ha approvato il piano irlandese.

Norma inutile, dannosa e ipocrita

Come sottolineato lo scorso febbraio dal presidente di Coldiretti Ettore Prandini, innanzitutto, "è del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità a più bassa gradazione come il vino che è diventato l’emblema di uno stile di vita lento, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol". Secondo la stessa associazione, occorre fermare un "pericoloso precedente" che "mette a rischio un prodotto simbolo dell’Italia che è il principale produttore ed esportatore mondiale di vino con oltre 14 miliardi di fatturato".

L'etichetta sanitaria sugli alcolici rappresenta un modo sbagliato per affrontare un poblema serio, in un Paese dove circa il 70% degli uomini e il 34% delle donne sono considerati bevitori a rischio e circa 150mila persone sono a rischio dipendenza. È vero anche che l'abuso di alcol è associato a numerose conseguenze dannose per la salute e la società, tra cui un aumento del rischio di una serie di malattie come tumori, ictus e cirrosi epatica. È comprensibile, dunque, che qualcosa vada fatto, ma non così e non in questo modo, violando le regole del mercato unico.

Sul fronte della salute, un bicchiere di vino a tavola, tuttavia, checché ne dica qualche "virostar", non ha mai fatto male a nessuno, anzi: e soprattutto, dietro ogni vino c'è cultura, tradizione, identità. Bellezza e storia. Perché allora non mettiamo lo stesso avviso sulle merendine confezionate o su altri prodotti che bene all'organismo di certo non fanno, tanto per fare un esempio? Prodotti che peraltro non hanno un background culturale come quello del vino, ma lo stesso discorso vale per la birra, il cognac o il whiskey. Basterebbe un po' di buon senso ed essere consci che il problema è l'abuso, non l'uso di alcol di per sé.

Sembra infatti una maniera un po' ipocrita di affrontare la problematica, quando sarebbe meglio investire tempo e denato in campagne di sensibilizzazione mirate, che possono essere molto più efficaci, senza danneggiare lavoratori e produttori.

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