«Cultura, Milano deve copiare da Torino»

«Sotto la Mole hanno creato il più bel museo egizio del mondo. Dobbiamo chiederci cosa può fare, con lo stesso metodo, questa città»

Francesca Amé

Via Martinengo numero 16. È l'indirizzo di casa di don Giussani uno dei ricordi milanesi più vivi nella memoria di Rocco Buttiglione, ministro per i Beni e le attività culturali. Era la metà degli anni Sessanta e i giovani di Gioventù Studentesca venivano accolti a casa del Gius: «Ci faceva scoprire la musica, ci faceva incontrare Testori». Ecco, per il ministro Buttiglione Milano è soprattutto la città messa in scena da Giovanni Testori, quella del quartiere Ticinese, frammento di vita lombarda che riflette l'universale. «Esiste un nuovo Testori? Qualcuno è in grado di rappresentare la Milano di oggi con pari intensità?», si chiede Buttiglione che oggi interviene al convegno «Regione Lombardia per la cultura a Milano», e poi, con il sindaco Albertini, il vicesindaco De Corato e l'assessore alla Cultura Zecchi, presenta il restauro a Villa Belgiojoso Bonaparte, museo dell’Ottocento.
Ministro Buttiglione, lei sostiene che Milano sia una delle capitali della cultura europea: i milanesi ne sono consapevoli?
«Per un verso sì, per l'altro no. Sono consci della bellezza della loro città, ma a volte la danno per scontata. Bisogna migliorare le condizioni di fruibilità dei beni artistici locali».
In che modo?
«Valorizzando la storia dell'arte nelle scuole, potenziando le visite guidate nei musei, disponendo nelle mostre materiale didattico per i ragazzi, con supporti audiovisivi che li stimolino».
Le iniziative culturali milanesi, anche se di alto livello, hanno poca visibilità a livello nazionale e internazionale. Perché?
«Non ho questa impressione così negativa, anche se credo sia necessario promuovere i contatti tra Milano e altre città di cultura. Penso al centro Europa, a realtà come Monaco e Zurigo e a tutta l'area dei Balcani, molto vivace da questo punto di vista».
L'impegno della politica in cultura: la ricetta per Milano?
«Allo Stato spetta il compito della tutela, alla Regione, al Comune, alla Provincia e ai privati quello della valorizzazione. In mezzo sta la fruizione, su cui tutti gli agenti devono concorrere. Posso allora lanciare una sfida a Milano?»
Certo.
«A Torino la Fondazione Museo Egizio ha creato forse il museo più bello al mondo per quel settore. Ora dobbiamo domandarci che cosa possiamo fare, con lo stesso metodo, a Milano e in Lombardia».
Tutta l'area regionale è costellata di gioielli architettonici, spesso poco conosciuti.
«A questo proposito hanno funzionato bene i patti territoriali siglati con la Regione per il recupero di alcune grandi ville lombarde: la collaborazione con l'assessore regionale Ettore Albertoni è stata impeccabile. Ora dovremmo occuparci del panorama musicale lombardo, fatto di orchestre di qualità che meriterebbero più sostegno».
Quali progetti per la città?
«Milano è ricca d’arte contemporanea, manca tuttavia un punto di incontro per i giovani artisti. Penso poi al rilancio del cinema, ma anche alle tante associazioni culturali di periferia, il cui lavoro va coordinato.

Il pubblico milanese, lo ha dimostrato più volte, risponde in modo straordinario alle proposte di qualità: in città c'è una domanda nascosta di cultura che attende solo di essere sollecitata».
Come giudica la scelta di Ferrante di tenere per sé, se eletto, la delega alla Cultura?
«Non mi pare una buona idea. L'assessore alla Cultura è un lavoro a tempo pieno».

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