Cultura e Spettacoli

Antidemocratico, elitario, snob Che conservatore quel Conrad

L'opera letteraria ha finito per mettere in secondo piano l'aspetto politico. Ma chi lo conobbe bene svela la sua avversione per le rivoluzioni, le masse e il voto alle donne

Antidemocratico, elitario, snob Che conservatore quel Conrad

Quando la scandalosa ed eccentrica lady Ottoline Morrell - pacifista, femminista, libertina e animatrice del mitico Bloomsbury Group - chiese a Henry James di presentarle Joseph Conrad, questi rimase scandalizzato. Lo scrittore americano, divenuto, malgrado le sue idee conservatrici, amico della brillante e disinvolta nobildonna, cercò di schermirsi: «Mia cara signora - le disse - Conrad ha dedicato la sua vita al mare e non ha mai incontrato donne civilizzate». Naturalmente lady Ottoline insistette e si trovò di fronte un uomo ben diverso da quello immaginato attraverso le parole di James: «L'aspetto di Conrad era di un autentico nobile polacco. I suoi modi erano perfetti, quasi troppo elaborati; così nervoso e sensibile che le fibre del suo corpo sembravano elettriche, cosa che lo rendeva un uomo estremamente raffinato e ben educato». Nelle gustose memorie intitolate I ricordi di una signora meravigliosa (Castelvecchi, pagg. 286, euro 22), ritratto in controluce della Inghilterra tardovittoriana, lady Morrell descrive questo incontro sottolineando i sentimenti contrastanti, di eccitazione e meraviglia, provati nel trovarsi davanti a un «raffinatissimo polacco».

Il rapporto fra lady Ottoline, icona dell'anticonformismo e del ribellismo politico e sociale, e il gentiluomo Joseph Conrad, conservatore quant'altri mai, è singolare. Tanto più se si pensa che, mentre lei sarebbe diventata paladina delle suffraggette, lui era solito rispondere con un categorico «No!» a chi gli chiedeva se le donne se dovessero avere il diritto di voto. Ma quel rapporto non è il solo che unì il grande scrittore a intellettuali che avevano idee diverse dalle sue. Un altro caso - forse più significativo per il fatto che il rapporto con l'autore di Cuore di tenebra non fu limitato a incontri occasionali - è quello dello scrittore Ford Madox Ford. Questi conobbe Conrad nel 1898 e stabilì con lui un legame di amicizia e collaborazione del quale è traccia in un saggio suggestivo, intitolato semplicemente Conrad (Castelvecchi, pagg. 192, euro 17,50) e risalente al 1924, l'anno stesso della morte dello scrittore. Non una biografia né un lavoro esegetico, piuttosto una cavalcata sul filo dei ricordi alla scoperta della personalità e delle idee di uno dei più grandi narratori del '900.

Di materiale per scrivere una biografia appassionante ce ne sarebbe stato: Conrad, nato nel 1857 da una nobile famiglia polacca, rimasto orfano e costretto a fuggire per evitare l'arruolamento nell'esercito zarista, cominciò a condurre una vita errabonda per gli oceani come mozzo o marinaio, come ufficiale o contrabbandiere. Questa prima fase della sua esistenza, durata fino al 1894 quando decise di lasciare il mare per dedicarsi alla letteratura, offre un prezioso mix di ingredienti - scenari esotici, vita bohémien, naufragi, tentativi di suicidio, complotti politici - che farebbero la felicità di un romanziere. Madox Ford non indulge né sui lati aneddotici della vita di Conrad né, tanto meno, sul lavorio di introspezione psicologica e di rinnovamento delle soluzioni linguistiche e delle forme narrative di uno scrittore eccezionalmente dotato. Eppure sembra davvero, a chi ha lo amato attraverso i suoi romanzi, di trovarselo davanti, questo Conrad, «piuttosto basso di statura, robusto di spalle e dalle braccia lunghe; di carnagione scura, neri i capelli e il pizzo ben curato»; questo Conrad che, con il monocolo all'occhio destro, comincia a scrutare il volto dell'ospite «da molto vicino come un orologiaio che esamina i congegni di un orologio». E, sembra, ancora di ascoltarlo mentre rievoca qualche episodio della sua vita avventurosa o trincia qualche giudizio tagliente su altri scrittori o fa trapelare le sue idee politiche.

Madox Ford, che non la pensava affatto come lui, sottolinea come Conrad fosse, davvero, «un uomo politico» e, meglio, «uno studioso di politica», «incredulo verso la perfettibilità delle istituzioni umane», convinto che le rivoluzioni siano sempre da condannare perché, alla fin fine, sono «nient'altro che intrighi di palazzo, intrighi per il potere all'interno del palazzo o per l'occupazione del palazzo stesso». Il suo personaggio preferito era Napoleone III, sia sotto le vesti di avventuriero prima della conquista del potere sia, poi, come imperatore dei francesi. La sua ambizione segreta era di «essere scambiato per un gentiluomo inglese di campagna del tempo di Lord Palmerston».

Forse parlare di «pensatore politico» per Conrad è esagerato. Ma è fuor di dubbio che la «politicità» è una dimensione della sua opera letteraria (anche se, spesso, la trama e il preziosismo stilistico la fanno passare in secondo piano) nel senso che nei suoi racconti è proiettata una ben precisa visione della vita. Più che dai romanzi il «pensiero politico» di Conrad fa capolino dall'immenso epistolario, quattro o cinquemila lettere, con personalità del mondo della cultura dell'epoca. Ecco che, allora, emerge il nobile polacco che non ama la democrazia - «Non sono un pacifista né un democratico (non so cosa significhi veramente la parola)» - e la cui avversione per le masse è tale da ripudiare persino l'idea di scrivere per tutti: «Non ho mai avuto l'ambizione di scrivere per l'onnipotente popolaglia». I suoi strali polemici sono sferzanti. A proposito della Seconda Internazionale scrive: «Berlino è profondamente disgustata: l'Internazionale Socialista è in trionfo e tutti gli screditati pezzenti d'Europa sentono che si avvicina a gran passo il giorno della fratellanza universale, della depredazione, del disordine e nutrono sogni di tasche ben piene al costo della rovina di tutto ciò che è rispettabile, venerabile e sacro».

Alla base del conservatorismo di Conrad ci sono pessimismo e sfiducia nella natura umana (per lui la fraternità altro non è se non la «faccenda Caino-Abele») oltre a un conflitto fra l'impulso romantico e l'incapacità alla speranza. I suoi eroi sono spesso destinati al fallimento e, non a caso, il suicidio di alcuni di essi suggella la irrisolubilità del loro dramma morale. Eppure questi eroi testimoniano la grandezza dello scrittore e il tormento di uno spirito geniale.

Per comprendere il quale i ricordi degli amici sono più utili di tanti studi critici.

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