Storia d'assalto

Ardenne, l'ultima offensiva di Hitler per riprendersi l'Europa

"Colpo di coda" di Hitler, l'offensiva delle Ardenne spaventò e non poco gli Alleati occidentali a cavallo tra 1944 e 1945. Ma a conti fatti accelerò la disfatta del Fuhrer

Ardenne, l'ultima offensiva di Hitler per riprendersi l'Europa

Vista col senno di poi, la situazione strategica del teatro europeo della seconda guerra mondiale a cavallo tra la fine del 1944 e l'inizio del 1945 disegnava uno scenario ormai in via di definizione, che presupponeva la totale disfatta del Terzo Reich schiacciato tra l'incudine degli Alleati avanzanti da Ovest e il martello dell'Unione Sovietica in avanzata da Est.

Dal giugno 1944 alla fine dell'anno la Germania, a Ovest, aveva fallito il contenimento dello sbarco in Normandia, perso in poche settimane la Francia, visto la caduta di territori incorporati nei propri confini metropolitani come la città di Aquisgrana, perso lo scalo strategico di Anversa in Belgio. A Est, l'Armata Rossa era avanzata come un rullo compressore e, al prezzo di circa 180mila morti in un mese e mezzo (22 giugno-1 agosto), era avanzata di centinaia di chilometri dall'Ucraina e la Bielorussia ai territori polacchi.

Ciononostante, la macchina da guerra tedesca era da ritenersi, non a torto, un nemico ancora capace di colpi temibili. Per quanto privata su entrambi i fronti e sul secondario teatro italiano dell'inerzia, la Wehrmacht manteneva importanti riserve di mezzi corazzati e grandi unità ancora sostanzialmente intatte, per quanto menomante dalla carenza nell'approvvigionamento di mezzi, materiali e carburante legata agli incessanti bombardamenti aerei statunitensi e britannici che stavano mettendo in ginocchio il Paese. Adolf Hitler sognava ancora la riscossa. Per quanto estraniato completamente dalla realtà dei fatti e pronto a vedere l'intero Paese sacrificarsi assieme a lui per il fallimento del suo progetto egemonico, il Fuhrer non mancava di momenti in cui, con forte cinismo e con maggiore lucidità strategica, riusciva a leggere le situazioni con maggiore realismo. Il suo "colpo di coda", l'Offensiva delle Ardenne con cui l'esercito tedesco provò a ricacciare indietro gli Alleati in una fase in cui, provati dal fallimento dell'operazione Market Garden condotta in Olanda con truppe paracadutate e frustrati per la fine del sogno di vincere la guerra entro il Natale 1944, dovevano consolidare la loro vittoria dei mesi precedenti rientra in questa sfera.

Il 16 dicembre 1944 le foreste delle Ardenne tra Belgio e Lussemburgo vissero una riedizione di quanto accaduto quattro anni e mezzo prima. Nel 1940 i panzer tedeschi erano comparsi all'improvviso dalle Ardenne per aggirare le difese francesi della Linea Maginot su iniziativa del generale Heinz Guderian, in questo momento invece le truppe di fanteria tedesche si lanciarono a sorpresa sulla 1ª Armata statunitense, cogliendola completamente di sorpresa, per aprire varchi alle Panzerdivisionen tenute in seconda linea.

Perché la Germania voleva colpire nelle Ardenne un nemico dotato di mezzi e forze superiori? Il piano strategico tedesco (originariamente denominato in codice Wacht am Rhein, "guardia sul Reno", e successivamente Herbstnebel, "nebbia autunnale") era stato pensato dai generali Walter Model e Hasso von Menuteuffell, e nei loro propositi e in quelli di Hitler doveva garantire uno sfondamento a sorpresa in un'area ben definita ove lo schieramento americano era vulnerabile (Schwerpunkt) per poi portare a un accerchiamento degli anglo-americani e a un obiettivo, di conseguenza, "politico". Con l'offensiva delle Ardenne Hitler infatti sperava di veder crollare il morale degli Alleati e portare la guerra nelle case di tutti i cittadini delle due potenze-guida, facendo seminare dubbi e incertezze circa la condotta futura del conflitto. Dunque permettendo di guadagnare tempo e risorse fondamentali a difendere il territorio metropolitano del Reich. Cui Hitler faceva, come suo solito, seguire a mo' di corollario i suoi tradizionali deliri: il tempo guadagnato sarebbe dovuto esser necessario a sviluppare le Wunderwaffen, le armi miracolose con cui la Germania avrebbe potuto ribaltare il verso del conflitto e di cui le bombe volanti V2 rappresentavano un classico esempio.

Fatto sta che quel giorno di dicembre i soldati americani furono effettivamente travolti dall'azione tedesca, condotta dalle divisioni di Volksgrenadier. Nonostante un rapporto di uno a tre per le forze a disposizione (circa un milione i tedeschi, tre gli Alleati) sul fronte occidentale i tedeschi avevano scelto proprio il settore meno presidiato per avanzare. Nel complesso i tedeschi avrebbero impegnato in tutta la battaglia circa 350.000 soldati concentrati nell'area delle Ardenne con un'eccellente operazione logistica che era riuscita a schermare alla ricognizione aerea nemica l'afflusso in prima linea di sette divisioni corazzate, due divisioni paracadutisti e dodici divisioni Volksgrenadier.

Le truppe panzer lanciate subito dopo l'irruzione della fanteria contro gli Alleati seppero fare diverse puntate in profondità verso città come Bastogne, sfondarono il cosiddetto varco di Losheim e accerchiarono e catturarono circa 9mila soldati statunitensi nella regione montuosa dell'Eifel. Al contempo, tuttavia, il morale statunitense non era crollato. La 99esima divisione di fanteria di presidio alla prima linea reagiva combattendo, gli statunitensi potevano fare affidamento su importanti quantità di munizioni, risorse e mezzi da combattimento all'avanguardia, dai carri armati ai mezzi di difesa dai corazzati nemici. Inoltre, la relativa vicinanza alle basi di rifornimento favorì l'azione difensiva nel contesto di una stagione fredda e ostile per chi, come le truppe tedesche, si era invece visto costretto ad allungare la sua logistica. Il contenimento dell'offensiva delle divisioni Waffen-SS aggiunse un'ulteriore problematica ai dilemmi strategici tedeschi, mentre l'attraversamento del fiume Our contribuì a dare un certo slancio all'offensiva.

Al quartier generale alleato a Verdun il comandante supremo Dwight Eisenhower e il generale Omar Bradley definivano intanto con lucidità le contromosse. Gli Alleati spostarono a Nord il XVIII corpo d'armata aviotrasportato con le sue due divisioni paracadutisti (82ª e 101ª), di cui fu previsto inizialmente l'impiego a nord contro le Waffen-SS che sembravano aver sfondato nella regione di Malmedy, mentre la 10° Divisione Corazzata statunitense inquadrata nella Terza Armata del generale George Patton si diresse nei pressi di Bastogne. La città, snodo strategico della regione, fu assediata e accerchiata a partire dal 21 dicembre, data in cui la 101° paracadutisti si ritrovò a combattere contro un avversario in avanzata ma sostanzialmente inadatto a garantire profondità e slancio alla sua azione di rottura.

Patton disse a Bradley, in una riunione di stato maggiore del 19 dicembre, "Brad, questa volta il Fritz si è cacciato nel tritacarne, e sarò io, adesso, a girare la manovella". Gli Alleati, tre giorni dopo, iniziarono a rifornire con un ponte aereo la città, imposero anche nelle condizioni meteo avverse la loro supremazia aerea, si mossero con puntate e contrattacchi su tutto il fronte dell'offensiva tedesca, che fu messa in scacco. Il giorno di Natale Bastogne resistette all'ennesimo attacco e Patton, avanzando, distrasse i tedeschi dal loro obiettivo strategico. Nel frattempo era arrivato nel quadrante anche l'alto comandante britannico, generale Bernard Montgomery, eccellente organizzatore di risorse e prudente stratega, che aveva gradualmente contribuito a riorganizzare le truppe alleate puntando su lente e graduali avanzate nell'attesa che il pomo (il ritorno del fronte alle posizioni di partenza) si staccasse da solo dal ramo. Una scelta accorta, specie dopo che il 6 gennaio l'assedio a Bastogne fu rotto. L'offensiva delle Ardenne poteva dirsi definitivamente fallita, ma i tedeschi si mantennero combattivi e gli Alleati attenti a non rischiare eccessive vite umane e risorse in una battaglia fattasi oramai disperata.

A decidere il futuro della battaglia contribuì, il 12 gennaio 1945, l'inizio della poderosa offensiva sovietica a Est, che costrinse i tedeschi a spostare ingenti forze e riserve dal teatro occidentale a quello ritenuto vitale per la salvezza del Terzo Reich e che in due settimane portò i russi a meno di 100 km da Berlino. Il saliente dell'offensiva tedesca andò dunque evaporando, gli Alleati avanzarono gradualmente, quasi per inerzia, fino a riconquistare le posizioni di partenza attorno al 25 gennaio, data in cui i tedeschi ripararono oltre la Linea Sigfrido. L'atteggiamento prudente ispirato da Montgomery, nonostante le energie profuse da Patton per portare la realtà sul terreno a un maggiore dinamismo, aveva consentito questa possibilità ma aveva impedito agli alleati di accerchiare o annientare le truppe tedesche in ritirata.

Fu questa l'ultima fase in cui la Germania provò un'offensiva contro gli anglo-statunitensi schierati a Ovest. La battaglia delle Ardenne fu la più grande (in termini di uomini impiegati) e più costosa battaglia combattuta dall'esercito statunitense nella seconda guerra mondiale, facendogli piangere 19mila morti contro i 10mila tedeschi. Parimenti, il tentativo tedesco esaurì definitivamente le speranze tedesche di riportare il fronte a favore di Berlino. Circa il ruolo giocato dal logorio di forze nell'Offensiva delle Ardenne nel crollo del fronte tedesco sul Reno tra marzo e aprile le tesi storiche divergono. Il fatto che durante gennaio e febbraio circa 20-25 divisioni tedesche combattenti a ovest o in Italia vennero dirottate precipitosamente a est contro i sovietici portò Stalin a ritenere che i successi alleati di primavera su entrambi i fronti fossero decisamente collegati alle avanzate dell'Armata Rossa, che indubbiamente sostenne un peso umano e materiali enorme nell'offensiva contro il Terzo Reich. John Erickson in The Road to Berlin (2002) e Max Hastings in Apocalisse tedesca, a loro modo hanno dato un credito non secondario a questa tesi, mentre Basil Liddell Hart nella sua fondamentale Storia militare della seconda guerra mondiale (1970) sottolinea il logorio delle forze nemiche come decisivo per la caduta della Linea Sigfrido in primavera.

Realisticamente le due tesi sono complementari e non escludibili l'una con l'altra: gli obiettivi strategici immaginati da Hitler e dai suoi generali per la battaglia delle Ardenne furono falliti dai tedeschi ben prima dell'offensiva a oriente, e quello politico di demoralizzare il nemico fallì ai primi contatti tra le forze schierate sui fronti opposti. Parimenti, la manovra sovietica sull'Oder di inizio 1945 fu il game-changer decisivo che accelerò e di non poco le sorti della guerra. Spostando il fronte fino a ridosso di Berlino l'Armata Rossa si trasformò nella vera minaccia esistenziale per la Germania nazista. A cui restavano ben pochi mesi di vita, prima della totale debellatio e del violento tracollo del regime e delle sue armate in una serie di sanguinose, e largamente inutili, battaglie difensive.

Un wagneriano "crepuscolo degli Dei" salutò la fine della tragica esperienza nazionalsocialista, e un ruolo in questo tracollo lo ha sicuramente giocata la poderosa battaglia combattuta tra le brume e le nebbie delle Ardenne a cavallo tra gli ultimi due anni della guerra mondiale.

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