Ci voleva solo un genio come Jacques Offenbach per creare una improbabile «liaison» tra le ballerine di can can e i marines americani. Le scosciate ragazze e i rudi soldatacci infatti sono legati dal filo rosso della musica del compositore francese che scrisse sia «Orfeo all'inferno», il cui finale diventò lo scandaloso ballo dei cabaret parigini, sia «Ginevra di Brabante», da cui fu tratta un'aria, arrangiata a marcetta per i fanti di marina «stelle e strisce».
Jacques (o Jacob) Eberst deve il suo cognome all'iniziativa del padre Isaac, ebreo e cantore di sinagoga nato appunto a Offenbach am Main. Eberst si trasferì infatti nel 1802 a Deutz, cittadina dei pressi di Colonia, dove mutò cognome, prendendo quello della città d'origine, e quindi nella capitale della Renania, dove nel 1819 nacque il suo geniale figliolo, e infine nel 1833 a Parigi. Qui il piccolo Jacques crebbe fra mille difficoltà economiche che non gli impedirono tuttavia di affermarsi poco più che ventenne come violoncellista. Nel 1850 divenne direttore d'orchestra al Théâtre Français e iniziò a comporre «operette», come erano chiamati brevi atti unici con pochi cantanti. Il salto di qualità nel 1858, quando si dedicò a un progetto più ambizioso «Orphée aux enfers», parodia del mito di Orfeo di incredibile modernità. Nell'opera di Offenbach, Orfeo tradisce, ampiamente ricambiato, Euridice ma rifiuta di concederle il divorzio, temendo ripercussioni sulla sua attività di musicista. Quando la donna muore, dopo un iniziale periodo di gioia è costretto, per salvare le apparenze, a chiedere a Giove di restituirgli la sposa. L'opera si conclude con il gran «Galop Infernal» che ben presto divenne la colonna sonora della Parigi di fine Ottocento con i suoi cabaret, dove si ballava il can can. Nel ballo, dalle origini piuttosto incerte e il cui nome deriva forse dalla storpiatura di «scandal», le ballerine schierate una a fianco all'altra alzavano ritmicamente le gambe, scoprendole generosamente tra un frusciar di gonne. Per Offenbach un successo strepitoso, il compositore divenne talmente popolare da essere definito da Gioacchino Rossini «Il piccolo Mozart degli Champs-Élysées».
La sua carriera fu bruscamente interrotta dalla guerra Franco-Prussiana del 1870, quando la sua origine tedesca venne vista con sospetto. Costretto a riparare in Spagna, le sue condizioni economiche peggiorarono inarrestabilmente fino a quando nel 1875 venne ufficialmente dichiarato fallito. Un colpo durissimo dal quale seppe risollevarsi l'anno dopo con una grandiosa tournée negli Stati Uniti, dove diede 40 concerti a New York e Filadelfia. Nel programma finì anche «Geneviève de Brabant», opera da lui composta nel 1859, eseguita con musicisti americani. Tra questi anche un violinista, tal Phillips, che infilò destramente in tasca lo spartito del «Gendarmes'Duet», un'aria che gli era particolarmente piaciuta. La rimaneggiò, la arrangiò a mo' di marcia militare e, spacciandola come sua, riuscì a farla diventare nientemeno che l'inno dei marines, mitico corpo militare costituito nel 1775 durante la Guerra d'Indipendenza. Phillips venne poi smascherato da un suo quasi omonimo, John Philip Sousa che, dopo aver esordito nella banda dei marines a soli 13 anni come violinista, diresse il complesso musicale dal 1880 al 1892. Questo non evitò però che nel 1919 il corpo dei marines ne registrasse il copyright, facendo così diventare l'inno «prodotto» americano per antonomasia.
Nel frattempo Offenbach era rientrato a Parigi, rinnovando il suo successo, anche economico. Negli anni successivi scriverà un'altra dozzina di lavori, tra cui nove operette, un balletto e due melodrammi.
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