Di quel libro - dal titolo Non siamo mai andati sulla Luna - Armstrong non ne voleva parlare. Una volta, a un giornalista che gli ricordava la tesi sostenuta da Bill Kaysing, dette un cazzotto in bocca tanto forte da fargli saltare due denti. Kaysing aveva lavorato per parecchi anni come direttore delle pubblicazioni tecniche presso i laboratori della Rocketdyne Research, la ditta che ha progettato e costruito i motori dei razzi che «apparentemente» hanno portato la navicella Apollo sulla Luna. Kaysing nel 1997 dette alle stampe un dossier che sconvolse l'opinione pubblica statunitense, mettendo in dubbio ciò che il 20 luglio 1969 aveva riempito d'orgoglio il cuore e l'anima di qualsiasi americano: la conquista della Luna. La «controinchiesta» di Kaysing era invece lì a urlare che We Never Went to the Moon.
Maledetto Kaysing, con la sua domanda fintamente ingenua: «Siete sicuri che i nostri astronauti abbiamo messo veramente piede sulla Luna?». E quella sua risposta da fiction spaziale: «Io credo che tutto sia avvenuto sulla Terra, in uno studio televisivo top secret in uno sperduto angolo del nostro pianeta...». Proprio come sosterrà, 9 anni dopo, il film Capricorn One facendo propria la «teoria del complotto». Nel suo libro, Kaysing andava giù duro: «Credo che le missioni lunari siano state una truffa da 30 milioni di dollari, una presa in giro perpetrata dalla Nasa con le ultime tecnologie in fatto di comunicazione e i migliori effetti speciali». Insomma Non siamo mai andati sulla Luna sembrava dimostrare come una realtà accettata da tutti potesse vacillare sotto l'apporto di «prove documentate».
Fatto sta che il lavoro di Kaysing provocò la riapertura di un caso archiviato nelle nostre menti come quello relativo alle missioni verso il nostro satellite. A sostegno delle sue tesi, l'autore giurava di presentare «documentazione fotografica, argomenti solidi e testimonianze dirette». Motivo della mastodontica «messa in scena»? La vecchia promessa di Kennedy: «Entro il 1969 un americano metterà piede sulla Luna, dimostrando, anche nello spazio, la nostra superiorità rispetto ai sovietici».
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