Quella "colonia" letteraria che conquistò gli inglesi

Ritorno a Sintra. Isherwood, Spender, Auden e, molti anni prima di loro, Beckford e Byron elessero la cittadina portoghese a loro seconda patria

Quella "colonia" letteraria che conquistò gli inglesi

Quando Isherwood, Spender e Auden, la triade poetico-omosessuale più famosa del Ventesimo secolo, scelsero Sintra, in Portogallo, come antidoto all'ipocrisia inglese che negli anni Trenta li soffocava, sapevano di essere, artisticamente parlando, in buona compagnia. Prima di loro, Byron, al suo approdo sul continente europeo, aveva decantato i «palazzi e giardini che lì si innalzano fra rocce, cateratte e precipizi, conventi posti a stupende altezze». Era, scrisse a un amico, «la realtà selvaggia degli altopiani occidentali unita al verde brillante del sud della Francia». Nel Pellegrinaggio del giovane Aroldo, Sintra sarà raffigurata come «il glorioso Eden, variegato dedalo di monti e vallate»...

Anche lui in fuga da una madrepatria minacciosa e noiosa, Byron ricalcava a propria volta i passi di un altro conterraneo, William Beckford, il più celebre e sfacciato sodomita del suo tempo, che nella villa gotica di Monserrate, posta sulle alture di Sintra, aveva ricreato una cascata nello stile di quella descritta nel suo romanzo Vathek. Intorno c'erano alberi esotici, giardini messicani e giapponesi, prati ben curati e intrichi di vegetazione e alla fine dell'Ottocento un altro inglese, Sir Francis Cook, vi avrebbe costruito un palazzo in stile moresco, a cui si accedeva attraverso un portale di pietra indiano, che ancor oggi esiste ed è visitabile, la stravaganza inglese nel suo kitsch più provocatorio.
Isherwood, Spender e Auden, sapevano insomma che cosa avrebbero trovato, e le preferenze sessuali, dichiarate, nascoste e/o supposte, dei loro illustri predecessori aggiungevano quel tocco di civetteria scandalosa che ben gli si addiceva. Erano i giovani figli dell'upper class britannica, si portavano dietro come amanti dei robusti proletari, praticavano il libero scambio sentimentale, ma stando però ben attenti a che l'unione fra corpi nobili e corpi plebei non ledesse le prerogative di classe dei primi. Come riassumerà Auden: «Se chiedo a un membro delle classi inferiori di venire a letto con me, ha il dovere di farlo».

Il Diario di Sintra (Barbés, pagg. 266, euro 16), racconto in comune e a più mani di quell'esperienza rimasto inedito sino a oggi, aggiunge per la verità poco o niente alla loro grandezza letteraria. Ci sono pettegolezzi sulla colonia inglese che lì nel tempo si era formata, qualche bevuta di troppo, un po' di litigi e di bronci, la consapevolezza che la noia è sempre in agguato. Di lì a poco, nella vicina Spagna sarebbe scoppiata la guerra civile, ma gli anni Trenta rimarranno per loro «una grande festa per bambini viziati», secondo la definizione del più politico del terzetto, Stephen Spender, l'idea che essi fossero il mondo e che fuori da quel mondo non ci fosse altro.

La fascinazione inglese per il Portogallo e dei portoghesi per l'Inghilterra ha radici plurisecolari, affondando in un patto di reciproca alleanza politica, in caso di pericolo, che data dalla metà del Trecento: ciascuno vede nell'altro i pregi che non ha e così in qualche modo aiuta a correggere i difetti che si posseggono. Il clima fa il resto, anche se in questo caso l'ammirazione è a senso unico, e Sintra è ancor oggi una Scozia mediterranea nei cui boschi al mattino c'è la nebbia, ma non il freddo. Fra il Palàcio Nacional dove cortili arabi si mischiano a colonne tortili, il Castelo dos Mouros da cui si domina l'Atlantico in lontananza, il Palacio da Pena in stile manuelino-bavarese, la Quinta da Regaleira con il suo intrico di fontane, grotte, caverne e laghi, Sintra appare ancora come una via di mezzo tra la fiaba, l'allegoria e l'incubo. C'è troppo di tutto: fiori e piante, boschi e pietre, ville e solitudini. Non è un caso che Eça de Queiros, il più grande romanziere portoghese dell'Ottocento, abbia ambientato qui Il mistero della strada di Sintra, feuilleton romantico dove si moriva d'amore e si uccideva per amore.

A venti minuti da Lisbona e altrettanti da Cascais, nel Settecento Sintra era il buen retiro dei reali portoghesi, nell'Ottocento divenne la residenza di vacanza di nobili e borghesi abbienti che imitavano nel modo di vivere i loro omologhi britannici e, al tempo della triade da cui siamo partiti, era un punto di incontro fra eccentricità d'Oltremanica e decadenza nazionale.

Quando scoppiò la Seconda guerra mondiale, la neutralità tenacemente perseguita e difesa da Salazar trasformò il Portogallo in qualcosa di unico, il solo porto da cui poter lasciare regolarmente il Continente. Frederic Prokosch, che vi era arrivato dalla Francia in cerca di un imbarco per New York, finì per restarci due anni. Andava a Guincho, che oggi è il paradiso dei surfisti, giocava al casinò di Estoril, che a Ian Fleming ispirerà quello di Casinò Royal, cenava a Lisbona, frequentava la colonna inglese di Sintra e intanto scriveva. The Conspirators è la storia di un profugo olandese antinazista che cerca lì l'uomo che l'ha tradito. «Perché anche qui gli uomini erano in guerra. Una guerra senz'armi. Una guerra di ragionamenti, tradimenti e segreti». A Saint Exupéry, che andava negli Stati Uniti non volendo stare né con Pétain né con de Gaulle, Lisbona fece l'effetto di chi «allo zoo guarda i superstiti di una specie estinta, lo stesso sentimento di angoscia». Cecil Beaton trovò che Sintra aveva «una stupefacente quantità di fuochi d'artificio architettonici».

Fosse morto subito dopo la fine della guerra, Salazar sarebbe passato alla storia come il salvatore del Portogallo e un grande statista. Visse invece altri vent'anni e alla fine perse tutto. Quando negli anni Cinquanta gli dissero che in Angola avevano trovato il petrolio, si mise le mani nei capelli e mormorò: «Oh no!». Dieci anni dopo rifiutò alla Coca-cola il mercato portoghese: «Vorreste portare qui ciò che detesto sopra ogni cosa, la modernità e la vostra famosa efficienza. Rabbrividisco all'idea dei vostri camion sulle strade delle nostre città, il loro voler accelerare il ritmo dei nostri costumi secolari».

Lui scomparso, dismesso l'impero, arrivata la democrazia, la modernità e naturalmente la Coca-cola, il Portogallo di oggi rischia un tipo di sparizione diversa dalla minorità antimoderna impostagli da Salazar, fragile vascello nel mare della moneta unica dove i mercati sono come tifoni. Eppure, come cantava Bob Dylan in Sara, «Sleepin' in the woods by a fire in the night/ Drinkin' white rum in a Portugal bar» sarebbe ancora un bel modo di naufragare.

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