Cultura e Spettacoli

È morta Rossana Rossanda

Rossana Rossanda inizia come responsabile cultura del Partito comunista per poi divenire deputata nel 1963. Nel '68 viene espulsa e fonda Il Manifesto

È morta Rossana Rossanda

“Nessuna delle mie idee aveva funzionato, troppo presto o troppo tardi che fosse”. Rossana Rossanda, fondatrice del giornale Il Manifesto, amava definirsi “una comunista ortodossa”.

La giovinezza di Rossana Rossanda

Proprio Lei, che, dopo essere stata eletta in Parlamento col Pci, negli anni della contestazione, viene espulsa per le sue critiche nei confronti dello stalinismo.“Pensavo che l’Urss fosse un Paese giusto, solo nel 1956 scoprii che non era quello che avevo immaginato”, dirà parecchi anni dopo Rossanda che ha vissuto la passione per la politica fin da giovanissima.

La giornalista, nata a Pola nel 1924, cresce in “in una famiglia che aveva un’idea della convivenza non nazionalista” in cui “si parlava tedesco, sloveno, italiano, in una quotidianità plurilingue, ancora priva di tensioni etniche”. Negli anni ’30 si trasferisce dagli zii di Venezia, mentre i genitori, colpiti dalla crisi economica, vanno a lavorare a Milano. Rossana li raggiungerà solo nel ’38. Diplomatasi, poi, al liceo classico Alessandro Manzoni, si iscrive in Lettere moderne all’Università Statale dov’è allieva del filosofo Antonio Banfi. Durante la Seconda guerra mondiale Rossanda entra tra i partigiani e, terminato il conflitto, si iscrive al Pci. Nel 1946 si laurea, comincia a lavorare per l’Enciclopedia Hoepli e, pochi anni dopo sposa Rodolfo Banfi, il figlio del filosofo dal quale si separa all’inizio degli anni ’60.

La carriera dentro il Pci

Già nel 1947 viene chiamata dall’allora segretario Palmiro Togliatti per assumere incarichi di partito, tra cui il più importante è indubbiamente quello di responsabile nazionale della Cultura. Nel 1949 visita per la prima volta l’Unione Sovietica, poi diventa consigliere comunale a Milano e, pian piano, si fa strada dentro il partito fino ad essere candidata in Parlamento. Lei viene eletta alla Camera, mentre la sorella Marina entra a Palazzo Madama. “La mia vera strada era quella di storica dell’arte, un interesse che mi sembrò totale finché non vinse quello per la politica. Più tardi, nel 1963, mi pesò molto non fare più la funzionaria di partito a Milano ma la parlamentare a Roma. Non era il posto per me”, spiegherà la Rossanda che, infatti, di lì a poco sarebbe entrata in rotta di collisione col partito.

La nascita del Manifesto

È il 1968, scoppia la contestazione giovanile dei movimenti studenteschi e, a stretto giro, Rossanda pubblica il saggio L’anno degli studenti in cui rende noto tutto il suo appoggio alla protesta. Il 23 giugno 1969 esce il primo numero de Il Manifesto, il giornale fondato insieme a Luigi Pintor, Aldo Natoli, Valentino Parlato, Lucio Magri e Luciana Castellina con l’intento di dar voce alla critica allo stalinismo e al socialismo reale che si fa ancora più forte dopo l’invasione russa di Praga. Una critica troppo dura per essere digerita dai vertici del Pci che decidono, quindi, di radiare lei, Pintor e Natoli. “Io sono stata tra i primi a criticare l’Unione Sovietica e per questo sono stata espulsa dal Pci, insieme agli altri compagni fondatori del Manifesto. Fu un provvedimento giusto perché ormai non eravamo più d’accordo su niente”, dirà Rossanda che continuerà sempre a far politica. Il Manifesto, infatti, tenta di farsi partito, ma alle Politiche del 1972 ottiene appena lo 0,8% dei consensi e, di lì a poco, confluisce nel Partito di Unità Proletaria. Nel 1978, affrontando il tema del terrorismo rosso, scrisse: “Chiunque sia stato comunista negli anni Cinquanta riconosce di colpo il nuovo linguaggio delle BR. Sembra di sfogliare l'album di famiglia: ci sono tutti gli ingredienti che ci vennero propinati nei corsi Stalin e Zdanov di felice memoria. Il mondo, imparavamo allora, è diviso in due. Da una parte sta l'imperialismo, dall'altra il socialismo. L'imperialismo agisce come centrale unica del capitale monopolistico internazionale”.

Rossana Rossanda e il femminismo

Rossanda è rimasta fieramente comunista, atea e soprattutto femminista fino alla fine dei suoi giorni. “Il rombo di questo tempo è stato così forte che la voce delle donne non la ricordo; quella che decifro oggi nelle amiche femministe non l’ho avvertita mai prima. La donna era un dolore aggiunto, un particolare modo di patire o di fuggire”, scrive nel libro Le altre. In un articolo del 2008 dal titolo Parliamo di donne, la Rossanda propone “che le Camere siano composte metà di uomini e metà di donne. Almeno finché esiste in Italia, e non si schioda da oltre mezzo secolo, una democrazia che discrimina il genere”. Dall’età di 40 anni si lega sentimentalmente con lo scrittore polacco Karol Kewes con cui, nel 2007, si trasferirà a Parigi. Kewes morirà nel 2014, ma Rossanda ritornerà in Italia soltanto cinque anni dopo. Nel 2005 ottiene un grande successo con il libro autobiografico La ragazza del secolo scorso e sfiora la vittoria del Premio Strega.

Gli ultimi anni di vita

Nel corso di tutta la Seconda Repubblica, Rossanda usa parole decisamente sprezzanti nei confronti del centrodestra:“L’Italia va incontro ai tempi più oscuri da quando è nata la repubblica. Ha mandato spensieratamente a Palazzo Chigi un governo di fascistoidi, bugiardi e corruttori”, scriverà nel 2008. Le elezioni politiche di quello stesso anno non celebrano soltanto il trionfo del centrodestra, ma anche il tonfo dell’estrema sinistra che rimane esclusa dal Parlamento. “E se questo è successo, qualche responsabilità l’avremo avuta pure noi nel nostro piccolo. Per distrazione, per sufficienza, perché ‘rivoluzione o niente’, per stanchezza - siamo in campo da quasi quarant’anni, troppo modesto distributore di contravveleni”, scrive la fondatrice del Manifesto, giornale che lascia nel 2012 per dissensi con la redazione. “Non siamo noi ad essercene andati. È il Manifesto ad averci cacciato. L'abbiamo perso. Non voleva più saperne di noi, e noi ci siamo ritirati. Anche stupidamente, perché dovevamo essere noi a far tacere i più giovani”, dirà.

Nel 2019, dopo dodici anni vissuti a Parigi, Rossanda torna in Italia: “Ho trovato un Paese veramente orribile. Il contatto con l’Italia salviniana mi ha stupito, non mi aspettavo un cambiamento così profondo”. La giornalista prosegue la sua feroce critica nei confronti della classe politica italiana, bastonando sia i gialloverdi sia i giallorossi. “Il Movimento 5 Stelle non è niente”. Conte? “Politicamente non è niente”, mentre l’alleanza tra i dem e i grillini “aumenterà solo l’inconsistenza della sinistra”.

Sempre nel 2019 la 96enne Rossanda, che già aveva avuto un ictus, viene ricoverata nell'ospedale romano del Santo Spirito per una crisi cardiaca.

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