Sema Topaloğlu, quando il design incontra l’arte

Sono passati solo pochi giorni dalla Milano Design Week ma abbiamo ancora negli occhi le opere di alcuni designer, artisti meglio chiamarli, che ci hanno particolarmente colpito per innovazione e voglia di dare al design un respiro nuovo, più aggressivo, che meglio interpreta il momento che stiamo vivendo. Tra questi senza dubbio l’installazione della designer turca Sema Topaloğlu.

Sema Topaloğlu, quando il design incontra l’arte

Originaria di Istanbul, la briosa designer di interni, architetture e arredamento contemporanei, è stata recentemente insignita del “Name to Watch” ai Wallpaper Design Awards 2010. L’abbiamo incontrata per capire come, in questo tempo di crisi, il design può essere ancora considerato, oltre che una forma d’arte, anche un business e comunque, un mestiere che nasce da un lavoro di team e dalla condivisione di un progetto.

Signora Topaloğlu, cosa Le piace del suo mestiere?
Quello che amo del mio mestiere è la possibilità di lavorare con i materiali, di giocarci. Il mio scopo è un po' quello di ricreare dei “patterns”, percorsi sensoriali che guidino lo spettatore nella fruizione dell’opera. I materiali con cui lavoro più spesso e più volentieri sono l'acciaio e il legno, perché sono più lavorabili e “tangible”, concreti. Il mio scopo è quello di creare opere “toccabili”, che siano in grado di “emozionare al tatto”, perché il design è soprattutto sentire, toccare materiali che ti comunichino benessere.

Ci racconta come ha avuto inizio la Sua carriera?
Ho cominciato a lavorare come artista a 20 anni a Istanbul, una città molto particolare e ricca. Quello che colpisce di questa metropoli è la convivenza manifesta di due culture diverse: una più aperta e cosmopolita, e l'altra più arcaica, caratterizzata dal legame profondo con la tradizione e la religione. In quest'atmosfera in cui passato, presente e futuro si fondono e si arricchiscono, l'arte diventa unione di elementi molto diversi fra loro.

Come nascono solitamente le Sue opere?
Le mie opere nascono da “visioni”. Io mi definirei “visionnaire”, visionaria. Il mio lavoro nasce, infatti, da un'ispirazione momentanea e non da lunghe riflessioni o progetti sull'opera da realizzare. Quest'ispirazione mi porta a lavorare con gli spazi di arredo, con accessori da indossare (orecchini, ad esempio) o con tutto quello che mi viene in mente sul momento. Quando inizio a lavorare, non ho in mente a priori come sarà effettivamente l’opera ma tengo ben salda l'ispirazione che mi porta a fare degli schizzi (“sketches”), sulla base dei quali poi realizzo, con il contributo fondamentale del mio team, il progetto. Tutto diventa fonte di ispirazione artistica. La crisi recente della Turchia ha rappresentato, ad esempio, un'occasione di lavoro su me stessa e sul suo lavoro e che mi ha portata a dare vita a diverse opere.

Non Le sembra che questo metodo di lavoro sia un po' atipico per un designer?
Questo modo di procedere è, a suo modo, più vicino all'operare dell’artista che a quello del designer, solitamente più legato ad un progetto originario preciso. Il mio linguaggio è grafico, carico di immagini ricorrenti, simbologie (ndr: ricorre molto spesso in tutta l’opera della Topaloğlu la lampada, come simbolo di una luce aperta sul nuovo e il futuro) e materiali lisci.

Preferisce lavorare individualmente o in squadra?
Il lavoro non è individuale, ma è un lavoro di squadra. In questo effettivamente il mio operare si distacca da quello “solitario” dell’artista per acquisire un valore progettuale. Il mio team, è infatti composto da quindici componenti, di diversa estrazione, cultura e nazionalità. All'interno dello stesso lavora anche mio fratello, che si occupa della parte più manageriale e di nicchia.

Cosa non può mancare nei Suoi lavori?
Nelle mie opere non può mancare la sensualità. Pur non definendomi femminista, secondo me è necessario far emergere la sensualità femminile, che spesso è celata, nascosta, ma mai troppo esibita. Il punto focale nella rappresentazione della sensualità non è tanto la sua esplicita raffigurazione, ma la sua percezione nello spettatore. Chi guarda l'opera deve sentire la sensualità. Un’opera per essere una buona opera deve essere sexy!

Quale il messaggio o pensiero che vuole trasmettere con le Sue opere?
Credo che fondamentale sia la contemporaneità con la propria cultura, che si ottiene attraverso la ricerca di materiali grezzi, da modellare secondo la propria personalità. Questa emerge anche nella scelta dei materiali e soprattutto dei colori ai quali ricorro: il leitmotiv delle mie realizzazioni è, infatti, la compresenza di due o tre colori più scuri e di un elemento, al contrario, acceso e “sovrastante” sugli altri. È proprio questo abbinamento che rappresenta la mia personalità: io non sono sempre costante. Non sono sempre tranquilla e scontata, anzi! Quello che voglio dire è che posso essere brava e tranquilla per molto, ma poi all’improvviso avere un cambiamento; ecco spiegato il colore dal tono più acceso.

Cosa ci può dire della Sua città, Istanbul? Come ne descriverebbe il panorama artistico?
Istanbul è una città nella quale è forte la presenza di architetti e meno quella dei designers. Mentre in precedenza la distanza tra queste “categorie” era maggiore, ora il tentativo è quello di cercare di collaborare e di lavorare insieme per poter migliorare anche la qualità del lavoro. Istanbul è una realtà sempre più affermata all'interno del panorama dell'arte e del design. A testimoniare questa tendenza si terrà prossimamente la Biennale di Istanbul, nella quale sarò presente con le mie opere.

Quali sono i Suoi progetti presenti e futuri? E cosa spinge molti a rivolgersi a Lei?
Questa originalità che metto nelle mie opere e nel mio modo di lavorare ha fatto sì che molti brand rinomati, come PennyBlack, si siano rivolti a me per la realizzazione di arredi di interni in spazi inusuali, per dare loro quel tocco di creatività in più. Oggi, anche i negozi hanno capito che è importante stare bene anche quando si fa shopping: ci dobbiamo sempre sentire “coccolati” e “avvolti” dall’ambiente in cui ci troviamo, anche nei momenti che possono sembrare più banali. Nei miei progetti futuri c’è l’apertura di “concept store” e un cafè all’interno del Bed&Breakfast che gestisco con mio fratello. Si è appena concluso a Milano, il Salone del Mobile.

Quali sono le Sue impressioni rispetto a questa edizione?
Il Salone del Mobile e soprattutto il Fuori Salone sono un evento molto importante per la città di Milano, per l’Italia e il mondo del design. So che si è verificato un leggero calo nel numero dei visitatori: questo è attribuibile senza dubbio alla crisi economica.

Allo stesso tempo è vero anche che le persone sono disposte oggi a spendere, seppur in tempo di crisi, per un oggetto di design semplice, che sia allo stesso tempo originale e che comunichi un senso di benessere. Credo che più di tutto oggi le persone abbiano bisogno di sentirsi bene e questo passa senza ombra di dubbio anche dall’ambiente in cui ci troviamo a vivere.

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