«Illustrissimo Candiani, io accetto con gratitudine la dedica dellopera vostra. Ognuno getti il suo grano di sabbia alledificio patrio, e questa Italia - che, benché non ben ferma ancora sulle sue fondamenta, non manca di spaventare i prepotenti che vogliono manometterla sorgerà brillante, potente! Come lideava quel grande di cui vi accingete a tradurre e commentare lopera stupenda».
A scrivere la lettera, il 14 gennaio 1860, è il generale Giuseppe Garibaldi, ospite da oltre un mese nella villa del marchese Raimondi, a Fino Mornasco, in attesa di sposare la figlia Giuseppina. La missiva, però, nulla aveva a che vedere con le nozze, né con quello che ne seguì (il matrimonio durò appena il tempo di essere celebrato). Era piuttosto un ringraziamento a colui che «con la sua opera stupenda» contribuì alla raccolta fondi per la spedizione dei Mille: il poeta milanese Francesco Candiani.
Nato nel 1822 a Busto Arsizio e membro di unillustre dinastia di cotonieri, Candiani scrisse e stampò tra il 1859 e il 1860 la prima, completa traduzione in versi della Divina Commedia di Dante in dialetto meneghino. Devolvendo i ricavi della vendita al «Fondo per la raccolta di un milione di fucili» necessari per limpresa garibaldina. Ben si comprende la riconoscenza dellEroe dei due mondi, che seppure impegnato nei preparativi delle nozze, non poteva certo trascurare la questione che da tempo gli stava più a cuore: la liberazione dellItalia. In occasione del 150° anniversario dellUnità nazionale, la lettera inedita di Garibaldi, insieme ai manoscritti originali dellInferno e del Purgatorio di Candiani, sarà presentata al pubblico giovedì 3 marzo, ore 18, alla Casa del Manzoni (via Morone 1) nellambito del progetto LEsprit del Risorgimento promosso dalla fondazione Labus-Pullè. Allevento prenderanno parte il presidente della fondazione, Pierpaolo Cassarà (che presenterà ufficialmente la ristampa anastatica dellInferno in milanese, alla quale seguirà a breve quella del Purgatorio) e le dirette discendenti del poeta, le pronipoti Etta ed Enrica Candiani. Sono loro, infatti, le titolari dellarchivio documentale di famiglia, custodito nellabitazione di Gorla Maggiore. Che oltre alla lettera del generale, comprende racconti, novelle, poesie in rima, persino ritratti della famiglia che Candiani dipingeva per diletto. «Era un professore, amante dellarte e della letteratura racconta la pronipote Etta -. Spaziava da un ambito allaltro della conoscenza privilegiando le traduzioni dei classici, da Schiller a Goethe a Byron, di cui tuttora conserviamo alcune pagine». Prima di ogni altra cosa, però, era un ardente patriota, impegnato attivamente nelle campagne per lindipendenza nazionale. «Per lui Garibaldi era più che un combattente continua la pronipote -. Nei suoi manoscritti, lo definisce come luomo integerrimo delle battaglie del popolo, la più viva incarnazione degli ideali di patria e di libertà». Leroe risorgimentale per eccellenza, insomma, per certi aspetti speculare a un'altra figura straordinaria, ben più lontana nel tempo: il poeta Dante Alighieri.
Resta il giallo del terzo manoscritto: il Paradiso. Tradotto in milanese e mai pubblicato. «Dovrebbe essere in Sicilia - rivelano le sorelle Candiani . Lì abita una nostra lontana cugina...».
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