DEJOHNETTE e Musa Suso L’Aperitivo è interculturale

Al teatro Manzoni il poliedrico musicista «duetta» con la kora

Franco Fayenz

Jack Dejohnette è uno dei migliori batteristi della storia del jazz senza distinzione di epoche e di stili: eppure qualificarlo «soltanto» come batterista è riduttivo. Lui non si offende affatto se qualcuno glielo dice, tutt’altro. Ma andiamo con ordine. Dejohnette arriva a Milano domani alle 11 al Teatro Manzoni per Aperitivo in Concerto. Si presenta con una delle sue molteplici proposte creative, e cioè in dialogo interculturale con Foday Musa Suso, virtuoso gambiese di kora, uno strumento cordofono africano prossimo alla timbrica dell’arpa: il pubblico di Aperitivo dovrebbe serbarne memoria, avendolo apprezzato con il gruppo Malicool di Roswell Rudd. Comunque Musa Suso ha collaborato con altri illustri musicisti di jazz (Pharoah Sanders ed Herbie Hancock, per esempio) e con un compositore quale Philip Glass. Con i due protagonisti va in scena anche il contrabbassista e chitarrista Jerome Harris che vanta sodalizi importanti con Sonny Rollins, Bill Frisell, Ray Anderson, Don Byron, Oliver Lake, George Russell. Il concerto si replica domani sera alle 21 all’Auditorium di Milano, con un programma diverso, nel quadro della collaborazione fra Aperitivo e il Teatro Franco Parenti attualmente in ristrutturazione.
Torniamo a Dejohnette. Nativo di Chicago, 64 anni, ha la fortuna di crescere in una famiglia di melomani che si accorgono molto presto della sua ottima disposizione per la musica e lo avviano allo studio del pianoforte classico quando ha appena quattro anni. A sedici consegue il diploma, studia composizione, si iscrive all’università e suona il sassofono, il contrabbasso e la melodica prima di innamorarsi della batteria per la quale lascia il pianoforte. Ha le prime esperienze nella sua città con il bluesman T-Bone Walker e con i musicisti della Association for the Advancement of Creative Musicians (AACM) di Muhal Richard Abrams. Nel 1966 si trasferisce a New York, suona nei locali di Harlem e viene subito notato. Uno dei suoi primi contratti professionali, quasi un’anticipazione di vicende future, è con il quartetto del sassofonista Charles Lloyd dove al pianoforte c’è il giovanissimo Keith Jarrett.
Oggi, accanto al suo nome, qualunque enciclopedia che si rispetti scrive «batterista, compositore, direttore, pianista, cantante, suonatore di melodica» e dichiara che la principale caratteristica dell’arte percussiva di Dejohnette è la libertà, per cui egli sembra sia in grado di lavorare in qualunque modo, in relazione a ciò che ascolta dai suoi comprimari. Un buon esempio delle sue doti lo può dare un bellissimo brano a sua firma, Ahmad The Terrible con il suo gruppo Special Edition dove egli dirige e suona il pianoforte e la batteria. Innumerevoli e di alto livello sono le sue collaborazioni, non ultima quella continuativa (dal 1983) con Keith Jarrett.

Alla batteria, sostiene il critico francese Pascale Barithel, «Dejohnette sa conciliare la forza bruta e animalesca di battitori come Elvin Jones, con la finezza di melodisti sul tipo di Roy Haynes».
Dejohnette e Foday Musa Suso, Teatro Manzoni, domani, ore 11, ingresso 12 e 8,50 euro

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