«Design anonimo», l’arte che nasce dal nulla

Alberto Bassi si occupa di storia e critica del disegno industriale, cattedratico è anche direttore del portale web design-italia.it, ha scritto numerosi libri e saggi sull'argomento. Ultimo suo lavoro è un volume di 270 pagine, edito da Electa e venduto a 40 euro, dal titolo Design Anonimo in Italia. «Oggetti anonimi - dichiara Bassi - nel senso che poco o nulla conosciamo della loro storia e del loro progettista, sia un designer, un ingegnere, un ufficio tecnico, un'azienda o quant'altri. Qualche volta sono prodotti a larga diffusione, che in genere costano poco, destinati a un breve consumo o “all'usa e getta”, oppure all'opposto sono archetipi tipologici di cui ormai fruiamo nella distrazione quotidiana. Ad analizzarli bene dal punto di vista del design, ci si accorge che non sono banali: tutti contengono un'idea, costituiscono la soluzione semplice o complessa di un problema, esibiscono caratteri di piacevolezza fisica o formale. Oggetti comuni, necessari, indispensabili, che funzionano e questo basta a soddisfarci».
Così se andiamo a scorrere le pagine del libro, incontriamo immagini di oggetti destinati ad ogni uso, alcuni bellissimi, altri utilissimi, altri inaspettatamente diventati davvero oggetti di un design di culto.

Ci sono anche esempi che vivono ancor oggi pur con una data di nascita non certo recente: la caffettiera Moka della Bialetti, del 1933; il metro estensibile in legno, del 1860; la penna Bic, del 1950 o la Tratto, del 1976; la carta di credito, del 1958; i rasoi in plastica usa e getta della Gillette, degli anni Novanta; la sedia di Chiavari, del 1807; il cono per il gelato, del 1902; la scarpa di tela della Superga, del 1925; la poltrona rossa della Frau, del 1930, e quella in legno e tela chiamata Tripolina, degli anni Trenta; la cucitrice a punti metallici per tenere uniti i fogli, del 1948; la serie 1500 dei tram di Milano, del 1928. E che dire poi del fiasco da vino o della sedia pieghevole da osteria?

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