
Il Giappone ha un grande limite: una Costituzione pacifista che gli impedisce di avere un esercito nel senso tradizionale del termine. Le Forze di autodifesa giapponesi, create dopo la Seconda Guerra Mondiale, hanno infatti teoricamente un ruolo difensivo. Questo corpo ha infatti il compito di difendere il territorio nazionale da attacchi o invasioni e non può essere utilizzato per effettuare missioni armate all'estero. Eppure, rispetto al 1947, la situazione nell'Asia-Pacifico è molto più movimentata. Ci sono i test missilistici della Corea del Nord di Kim Jong Un, ma soprattutto c'è la Cina che nel frattempo è diventata la seconda potenza mondiale e può contare, lei sì, su un esercito vero e proprio in continua ascesa. E poi ci sono le rivendicazioni su isole e acque strategiche, c'è la minaccia russa da nord e pure l'esplosivo dossier Taiwan. Gli Stati Uniti, che contano su Corea del Sud e Giappone per contenere nemici e rivali regionali, hanno più volte fatto capire a Tokyo che è arrivato il momento di spendere di più per la Difesa. Non è un caso che il governo nipponico abbia iniziato ad acquistare missili dagli Usa, a costruire nuove navi da guerra e ad implementare nuovi sistemi di difesa aerea (e non solo)...
Il rafforzamento militare del Giappone
Nel 2024 il Giappone ha aumentato la propria spesa militare del 21% su base annua, raggiungendo gli 8,4 trilioni di yen (circa 55,3 miliardi di dollari) e un rapporto al pil pari all'1,4%. Nel 2025 ha invece toccato gli 8,7 trilioni di yen (55,1 miliardi di dollari). Nel 1988 la spesa nipponica in questo settore ammontava a 3,7 trilioni di yen, ha raggiunto la soglia dei 4 trilioni di yen nel 1990 e ha continuato a crescere per tutti gli anni Novanta. Dagli anni 2000 si è mantenuta intorno ai 5 trilioni di yen, superando per la prima volta i 6 trilioni di yen nel 2023. Il recente incremento, dunque, rappresenta un discreto balzo in avanti rispetto al passato anche se Tokyo ha ancora un ampio margine di azione. Non è un caso che nel 2022, dopo il primo mandato di Donald Trump e numerose richieste statunitensi, il Giappone avesse deciso di raddoppiare il bilancio annuale per la difesa, portandolo al 2% del pil entro il 2027. E che, in barba alla Costituzione pacifista, l'amministrazione statunitense Trump 2.0 abbia da poco chiesto al partner asiatico di arrivare fino al 3-3,5% del pil (una istanza che ha fatto arrabbiare il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba).
Certo è, al netto di cifre e percentuali, l'equilibrio nel Pacifico si sta spostando in favore della Cina. Lo si legge chiaramente nel nuovo Libro Bianco "Difesa del Giappone 2025", il documento annuale pubblicato dal ministero della Difesa di Tokyo nel quale si fa inoltre presente che la comunità internazionale sta affrontando il più alto rischio di un conflitto dalla Seconda Guerra Mondiale. Il paper ha individuato Russia, Cina e Corea del Nord come le principali minacce alla sicurezza regionale. Non solo: secondo il documento le attività militari (e di altro tipo) di Pechino rappresentano una seria preoccupazione per il Giappone. Alcuni esempi concreti? Le attività della Cina nel Mar Cinese Orientale e Meridionale si sono intensificate, in particolare nella zona di Taiwan; il Dragone sta poi rafforzando la propria forza militare, in particolare in termini di capacità aeree, marittime e anfibie; la presenza di navi da guerra cinesi nel Pacifico è aumentata costantemente e la frequenza del loro passaggio al largo del Giappone sud-occidentale è triplicata negli ultimi tre anni. Come se non bastasse, le forze armate di Russia e Cina stanno conducendo esercitazioni congiunte con bombardieri e pattugliamenti navali coordinati, anche nelle vicinanze del Giappone.
Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Lin Jian, ha criticato il paper nipponico, affermando che "adotta una percezione errata della Cina, interferisce ingiustificatamente negli affari interni della Cina e accentua la cosiddetta minaccia cinese". Il Giappone ha quindi incrementato, come detto, la spesa per la difesa e iniziato a modernizzare il proprio esercito. Nel 2022 Tokyo ha annunciato la sua nuova Strategia per la sicurezza nazionale (NSS), delineando un passaggio verso una strategia di difesa più proattiva e solida. Adesso il governo giapponese sta cercando di sviluppare capacità per lanciare contrattacchi contro potenziali avversari e per interrompere le invasioni in tempi più rapidi e a distanze maggiori.
Missili e navi da guerra: i nuovi jolly di Tokyo
Tra le priorità del Giappone vi sono nuovi satelliti per le comunicazioni, armi a corto raggio come i missili antinave Type 12 lanciati da terra e da mare, proiettili plananti iperveloci per la difesa delle isole e lo sviluppo di missili lanciati da sottomarini. Nella lista della spesa di Tokyo troviamo il missile Joint Strike di Kongsberg per i caccia F-35A nipponici, i missili da crociera Tomahawk per armare i cacciatorpediniere e i missili Joint Air-to-Surface Stand-off Missiles a lungo raggio (JASSM-ER) per i caccia F-15. Spazio anche per i droni MQ-9B SeaGuardian e V-BAT, destinati a operare da navi da guerra giapponesi.
Il Giappone ha inoltre avviato un programma per convertire la sua flotta di cacciatorpediniere di classe Izumo, composta da due unità, da "cacciatorpediniere portaelicotteri" a portaerei in grado di lanciare l'F-35B. Non solo: di recente la Japan's Acquisition, Technology & Logistics Agency ha testato il proiettile planante Hyper Velocity, un'arma ipersonica progettata dotata di una gittata stimata di 900 chilometri che dovrebbe essere dispiegata dalla Forza di autodifesa terrestre giapponese nel 2026. Tra le altre iniziative, il ministero della Difesa di Tokyo ha lanciato un Comando operativo congiunto (JJOC) dotato di "capacità di contrattacco" che, in caso di necessità o situazioni di crisi, dovrà consentire al Paese di colpire le basi nemiche strategiche, nonché di supervisionare della sicurezza spaziale e informatica nazionale. Allo stesso tempo le autorità giapponesi hanno confermato i piani di evacuazione per i civili di Okinawa, sede di strutture militare strategiche statunitensi e delle Forze di autodifesa nipponiche, e schierato unità missilistiche per rafforzare le proprie difese in alcune aree critiche (come nelle isole del Sud Ovest).
Tokyo sta infine pianificando di piazzare missili a lungo raggio sull'isola meridionale di Kyushu come parte degli sforzi per acquisire "capacità di contrattacco" (è un concetto chiave ripetuto spesso nei comunicati ufficiali giapponesi) per colpire obiettivi nemici in caso di emergenza. L'implementazione di questi armamenti, che dovrebbe terminare nel marzo 2026, è volta a rafforzare la sicurezza dell'arcipelago sud-occidentale di Nansei qualora Taiwan dovesse essere attaccata dalla Cina o finire al centro di un conflitto.
Il prossimo passo? Piazzare missili terra-aria a Yonaguni, il punto più occidentale del Paese, a 2mila chilometri da Tokyo e 110 dalla citata Taiwan. È così che sta prendendo forma una barriera missilistica per tenere a bada un Dragone sempre più grande.