Il Pentagono sta pensando di affidarsi a una flotta di aerei anfibi civili, gestiti da contractor, per rafforzare le capacità operative degli Stati Uniti nel Pacifico. L'iniziativa emerge dal National Defense Authorization Act (NDAA) appena approvato, un'iniziativa che prevede un programma pilota triennale sotto la responsabilità dell'Indo-Pacific Command (INDOPACOM), in coordinamento con il Dipartimento della Difesa e la Marina. Questa scelta nasce dalla necessità statunitense di colmare una lacuna critica: gli Usa, infatti, non dispongono più di una vera capacità anfibia aerea militare, il tutto mentre aumenta la possibilità di uno scontro con la Cina in uno scenario vastissimo e complesso come quello dell'indo-pacifico. Il programma consentirebbe ai comandi militari di richiedere missioni a una flotta commerciale di velivoli anfibi, utilizzabili per diverse esigenze operative.
Idrovolanti per gli Usa
Secondo quanto riportato dal sito The War Zone, uno degli aspetti più rilevanti del piano riguarderebbe la ricerca e soccorso in combattimento (CSAR). In un conflitto ad alta intensità nel Pacifico, gli incidenti aerei non sarebbero rari, sia per azione nemica sia per guasti tecnici o errori umani. Le distanze enormi e la scarsità di basi rendono estremamente difficile intervenire rapidamente con navi o elicotteri, che hanno limiti di autonomia e risultano vulnerabili alle minacce avversarie. Un aereo anfibio, invece, può raggiungere rapidamente l’area, volare a bassa quota restando sotto l'orizzonte radar e, se le condizioni del mare lo permettono, ammarare per recuperare direttamente il personale in difficoltà.
Questa non è una capacità nuova: durante la Seconda guerra mondiale, e poi in Corea e Vietnam, i velivoli anfibi statunitensi salvarono migliaia di vite. Anche la Guardia Costiera ha continuato a utilizzarli fino agli anni Ottanta. Tuttavia, negli ultimi anni diversi programmi per reintrodurre questa soluzione sono stati cancellati, incluso quello che prevedeva una versione anfibia dell'MC-130J per le operazioni speciali, chiuso definitivamente nel 2024.
Oltre al soccorso, gli aerei anfibi offrirebbero un importante vantaggio logistico. Molte isole remote del Pacifico non dispongono di piste adeguate, o non ne hanno affatto. In questi casi, piccoli velivoli capaci di operare dall'acqua potrebbero trasportare personale, rifornimenti urgenti o componenti critici senza impegnare grandi aerei da trasporto come C-17 o C-130, che sarebbero indispensabili per missioni ben più complesse in caso di guerra. Liberare queste piattaforme pesanti da compiti minori aumenterebbe l’efficienza complessiva dello sforzo militare.
Obiettivo: Indo-Pacifico
Il contesto strategico rende il confronto ancora più evidente. La Cina sta investendo in grandi aerei anfibi avanzati, come l'AG600, mentre il Giappone, principale alleato regionale degli Stati Uniti, dispone già del sofisticato ShinMaywa US-2, utilizzato per il soccorso ma anche per operazioni su lunghe distanze marittime. Entrambi opererebbero, in caso di conflitto, nel proprio “cortile di casa”, mentre gli Stati Uniti dovrebbero, nel caso, affrontare una delle campagne più impegnative della loro storia recente.
Resta aperta la questione su quali velivoli potrebbero essere effettivamente impiegati dai contractor. Le opzioni sono limitate: l'US-2 giapponese sarebbe ideale ma è costoso e prodotto in numeri ridotti; il CL-415, noto per l’impiego antincendio, è collaudato e già operato da aziende private, ma molto richiesto per il suo ruolo principale; infine, idrovolanti più piccoli come il Cessna Caravan offrirebbero capacità decisamente inferiori.
In ogni caso, il programma pilota rappresenta un tentativo rapido e flessibile di colmare una carenza critica, riducendo rischi e tempi rispetto all’acquisizione diretta di nuovi aerei militari. Nei prossimi anni sarà chiaro se questa sperimentazione convincerà il Pentagono a reintegrare stabilmente i velivoli anfibi nella propria strategia per il Pacifico.