Via libera UE per la joint venture sul GCAP

La Commissione europea ha approvato la joint venture per il GCAP, il caccia di sesta generazione italo-anglo-nipponico

Via libera UE per la joint venture sul GCAP
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Il programma GCAP (Global Combat Air Programme) per un caccia di sesta generazione costruito da Italia, Regno Unito e Giappone, gode di ottima salute: recentemente la Commissione europea ha dato il via libera alla joint venture tra la britannica Bae Systems, l'ente giapponese Jaiec e l’italiana Leonardo per costruire il caccia del futuro europeo.

La Commissione ha spiegato di aver esaminato l'impatto dell'operazione rispetto ai mercati italiano e internazionali legati all’esportazione di aerei da combattimento multiruolo. Sulla base di questa indagine, è stato accertato che l'operazione “non solleva problemi sotto il profilo della concorrenza”, in quanto non ci sono sovrapposizioni tra le attività delle società coinvolte, prevalentemente sul mercato italiano. Per questo motivo, Bruxelles ha dato il via libera all'operazione senza imporre condizioni.

Si tratta di un tassello importante sulla via della produzione del caccia di sesta generazione dotato di architettura “sistema di sistemi”, ovvero capace di ricevere dati, integrarsi, interagire e perfino comandare altri sistemi presenti sul campo di battaglia, come ad esempio i futuri droni da combattimento aereo.

A novembre del 2022, il Giappone aveva siglato, con Italia e Regno Unito, un accordo per lo sviluppo di un nuovo velivolo di sesta generazione – il GCAP – che ha ereditato il lavoro svolto sul programma britannico Tempest, a cui ha partecipato quasi da subito il nostro Paese, e che ha assorbito il lavoro che stava conducendo Tokyo sul suo programma F-X per un velivolo di nuova generazione in sostituzione dei Mitsubishi F-2. Il partenariato tra i tre Paesi produttori ha dimostrato di essere saldo: a dicembre 2023 è nato il Gigo (GCAP International Government Organisation), presieduto dall'ex viceministro della Difesa giapponese Masami Oka, e le relazioni tra i partecipanti al programma, come testimoniato dallo stesso Oka durante la recente Aerospace Power Conference organizzata a Roma dall'Aeronautica Militare, sono solide.

Si prevede che l'orizzonte temporale della consegna dei primi prototipi del GCAP sia fissato al 2035, con l'arrivo dei primi esemplari di serie a partire dal 2040, e parallelamente si parla della possibilità di imbarcare altri partner nella produzione (e forse gestione) del programma, come l'Arabia Saudita. Attualmente, la joint venture tra le tre industrie aeronautiche che stanno progettando il velivolo è ripartita in modo assolutamente paritario, con quote del 33% per ciascuna, e nell'ultimo anno sono stati messi a bilancio i primi veri e sostanziali fondi.

Il via libera della Commissione Ue potrebbe facilmente aprire alla possibilità di avere finanziamenti europei per il GCAP, in quanto il Regno Unito – benché fuori dall'Unione – può comunque partecipare ai programmi per la difesa attraverso alcuni accordi prestabiliti ed organizzazioni intergovernative come l'Occar (Organisation Conjointe de Coopération en matière d'Armement). In ottica di esportazione, quanto stabilito dalla Commissione rappresenta un passaggio importante per avere la presenza predominante in una fetta di mercato molto agguerrita, data la concorrenza di prodotti interni ed esterni all'Ue.

Ricordiamo, infatti, che Francia, Germania e Spagna si sono consociate tramite le rispettive industrie aeronautiche per produrre un altro velivolo di sesta generazione, lo SCAF (Système de Combat Aérien du Futur), ma il programma naviga in acque molto incerte (per non dire tempestose), a causa della difficoltà di trovare un'equa ripartizione del lavoro tra Parigi e Berlino, e pertanto ha accumulato ritardi che ne stanno minando seriamente la finalizzazione.

Il GCAP rappresenta anche un importante passo verso l'autonomia strategica europea, essendo il diretto concorrente dell'analogo programma statunitense che ha preso il nome di F-47 (già noto come NGAD – Next Generation Air Dominance), e per questo sembra che abbia sollevato i timori di Washington che starebbe cercando di fare pressione sul Giappone affinché abbandoni la strada europea per tornare a quella statunitense.

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