Rolf Hochhuth è uno di quegli scrittori schiacciati dal peso del loro opus magnum. Eppure, conosciuto universalmente per il dramma Il Vicario che nel 63 denunciò i silenzi del Vaticano sullOlocausto e da cui Costa-Gavras trasse nel 2002 il film Amen, Hochhuth (oggi settantasettenne) è un autore brillante e prolifico, oltre che controverso e impietoso «giudice» del nazismo.
Lo scorso anno portò in scena a Berlino unirresistibile commedia - Heil Hitler - che narra la storia di un adolescente che allepoca del terzo Reich si finge affetto da «ipertrofia della passione hitleriana» per compiere la sua vendetta sugli assassini del padre. Mentre molti anni fa, sulla scia del successo del Vicario, scrisse un racconto fulminante - ora per la prima volta tradotto in italiano, LAntigone di Berlino (Via del Vento edizioni, pagg. 32, euro 4; a cura di Sotera Fornaro) - ispirato alla vicenda di una donna fatta decapitare da Hitler nel 43 in quanto membro della rete spionistica antinazista «Orchestra rossa»: una ventina di pagine agghiaccianti che costituiscono un documento letterario della brutalità che il nazismo riservava ai suoi oppositori (i cui cadaveri erano oggetto di esperimenti allIstituto di anatomia di Berlino).
La donna si chiamava Rose Schlösinger, fu ghigliottinata il 5 agosto 43 nel carcere del Plötzensee, ed era madre di una bimba di dieci anni.
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