Donne arabe: una «casa» per ascoltarle

Dovrebbe aprire i battenti entro settembre, a Milano, la casa d'ascolto per donne arabe promossa dal governatore lombardo Roberto Formigoni in collaborazione con l'Associazione comunità marocchina delle donne in Italia (Acmid). Obiettivo: offrire un aiuto concreto alle migliaia di musulmane d'Italia che, pur vivendo nel nostro Paese da anni, è come se non ci fossero. «Le sole marocchine regolari residenti nella Penisola sono 120 mila e forse più, ma meno del 20% di esse ha un ruolo attivo nella società» denuncia Suad Sbai, presidente dell'Acmid. «Questo significa che la stragrande maggioranza vive segregata in casa, in balia dei voleri di mariti, padri o fratelli, ignorando completamente i propri diritti. È l'ora di voltare pagina».
Anche sul piano politico. Non a caso proprio Suad Sbai ha rivolto un appello al sottosegretario al ministero dell'Interno con delega all'immigrazione Marcella Lucidi perché promuova azioni concrete sul piano dell'integrazione. «Persino il permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare può trasformarsi in una trappola» incalza Suad Sbai, direttrice, tra le altre cose, del mensile Al Maghrebiya edito da Stranieri in Italia (Isi Group). «Perché lega indissolubilmente, o quasi, il destino delle donne a quello dei loro mariti».

In attesa che qualcosa si muova, però, chi vorrà potrà affidarsi alla casa d'ascolto di Milano. Vi troverà medici e avvocati volontari, a cui rivolgere domande specifiche su questioni sanitarie e civico-legali. Ma anche mediatori linguistici con cui instaurare un dialogo costruttivo. Finalmente.

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