«Da due anni aspettiamo i veri conti»

«Le intese del passato per il diritto italiano non sono valide. Non vogliamo soldi, ma sapere la verità su quello che è successo»

nostro inviato a Ginevra

È un vecchio amico di Serge de Pahlen e poi della moglie Margherita Agnelli.
Colto e spiritoso, madre italiana, Charles Poncet lavora da quasi due anni per la figlia dell’Avvocato, che vive qui vicino Ginevra, in Allaman, Cantone di Vaud. La prima parte della vertenza, quella chiusa con l’accordo del febbraio 2004, non l’aveva seguita lui.
E oggi riassume la vicenda dell’eredità Agnelli in maniera elementare: «Qui c’è una erede, l’unica erede, che vuole sapere. Non è un’erede capricciosa che intende rompere le scatole. Ma una madre che vuole avere informazioni su quello che è stato fatto con il patrimonio del proprio padre, al quale era molto attaccata, con il quale aveva un apporto ricco, e quali sono state la azioni effettuate dai due suoi consiglieri, Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens».
Ma la vicenda non si era chiusa nel febbraio 2004, con l’uscita di Margherita dalla Fiat in cambio di beni mobili e immobili vari?
«Prima di tutto quell’accordo è nullo per il diritto italiano. È stato fatto in un momento emozionale particolare per Margherita, alla vigilia del matrimonio del figlio John, sotto molte pressioni. E in ogni caso quell’intesa era vista come un modo di stabilire un contatto con chi gestiva il patrimonio del padre. Doveva essere un punto di partenza per fare la chiarezza che non c’è mai stata. Invece è stata interpretata alla controparte come la liquidazione della faccenda».
Avvocato, tutti pensano al valore della Fiat, passato da 6 a 26 miliardi in tre anni. Il che significa che la quota del 33% nell’accomandita, a cui Margherita ha rinunciato per la sua parte, è passata da 250 a 900 milioni...
«La nostra non è questione di soldi. Siamo a livelli che le decine di milioni di euro non cambiano la situazione. Vogliamo solo conoscere la realtà, di cui abbiamo avute poche e scarne informazioni. Soprattutto per i beni all’estero e per come sono gestiti. Siamo di fronte a un atteggiamento, quello di Gabetti e Grande Stevens, che prendono decisioni senza dare conto a nessuno. E questo è intollerabile per Margherita».
Non vi fidate dei due fiduciari dell’Avvocato?
«Non dubito che abbiano fatto l’utile e il necessario per il benessere del gruppo. Però non lo sappiamo. Perché non riusciamo ad avere il rendiconto della gestione, che chiediamo da due anni? E abbiamo altri interrogativi: perché la cassaforte dell’Avvocato è stata aperta prima che Margherita arrivasse sul posto? E perché Grande Stevens non ha accettato di essere esecutore testamentario come chiedevano le volontà di Gianni Agnelli?».
Immagino che avrete fatto le vostre visure sul patrimonio. Si è fatto un’idea?
«Posso dire che sì, abbiamo delle ipotesi. E queste contraddicono le informazioni che abbiamo avuto fin qui. Mi sembra che Gabetti e Grande Stevens non abbiano reso i conti che dovevano rendere».


L’atto di citazione è molto duro: chiede di rimettere l’intera eredità in discussione. È il vero scopo finale?
«No, ma è un arma che dobbiamo usare per provare a sfondare il muro contro il quale sbattiamo da due anni».

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