
Sono tanti i puntini che uniscono il comunismo e il politicamente corretto: due dei grandi mali degli ultimi centocinquant'anni. Ma, a ritroso, incominciamo dal primo comune denominatore: al giorno d'oggi non godono più di buona salute. E, scusatemi, ma questa è già un'ottima notizia. Puntini, dicevamo, che delineano innanzitutto una sospensione più o meno evidente della democrazia, perché sia il primo che il secondo - in un modo o nell'altro - sono percorsi da una malcelata smania totalitaria. Sono due forme di oppressione culturale. Due tentativi, riusciti per un certo periodo, di incatenare il pensiero e la parola. Il primo lo faceva con la coercizione fisica, al secondo sono stati sufficienti gli algoritmi e la gogna social. Il primo eliminava i dissidenti, il secondo si è limitato a bannarli. Cancellarli. Alla fine dei conti, la cancel culture è solo una riedizione aggiornata ed edulcorata della damnatio memoriae staliniana. E il comunismo era una forma di socialmente corretto applicato all'economia e di fatto esteso a tutta l'umanità.
Entrambe ubriache di quell'idea folle che l'uomo possa cambiare gli altri uomini. Il buonismo che diventa cattivismo, le pessime abitudini che si travestono e s'imbellettano da umanitarismo. La pianificazione economica e lo statalismo che distruggono il verdeggiare del libero mercato, la censura delle parole e la castrazione delle idee che prosciugano il fluire del libero pensiero. Alla fine, comunismo e politicamente corretto, sono due forme differenti ma simili della medesima fobia per la libertà, della paura per tutto ciò che esce dal prevedibile, per tutto quello che è troppo umano per essere codificabile.
Se il comunismo è rimasto stordito dalla pioggia di calcinacci precipitati insieme al Muro di Berlino, il politicamente corretto non sta molto meglio.
Dopo un successo ventennale, azzoppato dal troppo zelo dei suoi alfieri e dal vento delle destre internazionali, ora inizia la sua lunga ritirata. I punti si uniscono e il cerchio si chiude. Ma non bisogna mai abbassare la guardia: la libertà continua a fare paura.