Il cardinal Tettamanzi celebra a Pontida, nell'abbazia in cui nel 1167 ebbe luogo il celebre "giuramento" dei Comuni lombardi uniti contro il Barbarossa e che ricorda in questi mesi il primo centenario del ritorno dei monaci benedettini, dopo l'abbandono seguito alle soppressioni napoleoniche. L'arcivescovo di Milano (e metropolita della Lombardia) presiederà domenica 5 settembre alle dieci e mezza, in occasione della festa di sant'Alberto da Prezzate, fondatore del monastero bergamasco.
Il legame fra l'abbazia di Pontida e la diocesi ambrosiana è lungo e fecondo, dal XII secolo a san Carlo fino al cardinal Schuster e al cardinal Martini. L'abbazia di San Giacomo fu fondata da sant'Alberto da Prezzate l'8 novembre 1076 e donata al monastero di Cluny, divenendo ben presto il centro dei monasteri cluniacensi in Lombardia. Nel 1167, vi fu ospite e pellegrino l'arcivescovo di Milano, Oberto Pirovano, sfuggito alle truppe imperiali del Barbarossa dopo la distruzione di Milano. E qui avvenne il cosiddetto "giuramento di Pontida" per far sì che i Comuni lombardi si unissero ad aiutare i milanesi a ricostruire la loro città. La tappa successiva fu la battaglia di Legnano del 1179.
Fino alla metà del 1200 il monastero apparteneva alla diocesi di Milano, benché sempre di rito romano. Nel 1373, in una delle tante guerre tra i bergamaschi e il duca di Milano Bernabò Visconti, la chiesa venne abbattuta nelle sue due prime campate e il monastero incendiato e distrutto completamente. Il monastero, abbandonato per quasi un secolo, nel 1491 passò alla Repubblica di Venezia, che aveva raggiunto i suoi confini all'Adda. Anche san Carlo visitò Pontida nel piano della riforma da lui attuata in tutta la Lombardia. Ma nel 1798, la domenica 13 maggio, la Repubblica Cisalpina, per ordine di Napoleone, soppresse il monastero e ne incamerò tutti i suoi beni per finanziare la Repubblica Cisalpina e dell'esercito napoleonico. La chiesa e la sacrestia con una grande sala adiacente fu data al Vescovo di Bergamo per la parrocchia di Pontida.
Il monastero di San Giacomo fu riacquistato e ripopolato da alcuni monaci di vari monasteri cassinesi il 14 gennaio 1910, grazie a don Angelo Giuseppe Roncalli, il futuro Giovanni XXIII, e a don Ildefonso Schuster, futuro arcivescovo di Milano e beato.
Oggi la comunità di San Giacomo è composta di undici monaci con il loro abate, don Francesco Monti, e un abate emerito del monastero di San Paolo fuori le mura, don Paolo Lunardon.
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