Milano - Per la Procura di Vigevano è lui l’assassino di Chiara Poggi: il pm Rosa Muscio ha chiesto il rinvio a giudizio di Alberto Stasi, il fidanzato con la faccia alla Harry Potter che la mattina del 13 agosto 2007 chiamò i carabinieri di Garlasco annunciando di aver trovato la sua Chiara morta. Diciotto faldoni contengono tutta la tormentata storia processuale di questa vicenda che ha appassionato l’Italia e passano al pettine la vita di Garlasco: sono 400 i testimoni ascoltati, mentre di Alberto vengono offerti perfino gli sms scambiati in questi mesi con un paio di ragazze.
Ora le prove raccolte verranno valutate dal gip in udienza preliminare, probabilmente entro la fine dell’anno. Nel caso, assai probabile di rinvio a giudizio, il processo si terrà l’anno prossimo. Stasi, a differenza di quel che si è visto a Perugia, parteciperà alle udienze come imputato ma in stato di libertà. A più di un anno dal crimine, infatti, il giovane non è sottoposto ad alcuna restrizione nei suoi movimenti; del resto sull’andamento di questa storia pesa come un macigno il fermo, improvvido, di Stasi, sulla base di un indizio poi sgretolatosi e ritortosi contro l’accusa. Non solo. I suoi avvocati hanno deciso di puntare sul dibattimento tradizionale, a porte aperte, senza scegliere la strada appartata e veloce dei riti alternativi, come l’abbreviato. «Voglio che sia reso pubblico quello che gli investigatori hanno fatto e quello che non hanno fatto», spiega il professor Angelo Giarda. Facile prevedere una sequenza lunghissima e sfibrante di udienze, per ricostruire o contestare questo o quel dettaglio, la genuinità di un’impronta o di una macchia. Ormai, non solo in «Csi», è la scienza fissare i temi in agenda. In particolare, sarà oggetto di un durissimo duello fra accusa e difesa l’itinerario che Stasi avrebbe percorso quella mattina, poco prima delle 14, dopo aver bussato invano, senza ottenere risposta, alla villetta dei Poggi. A quel punto, il fidanzato sarebbe entrato nella casa e avrebbe camminato fino a trovare il cadavere, riverso sulle scale che portano alla taverna, senza sporcarsi le scarpe col sangue che era dappertutto e imbrattava i pavimenti. Una circostanza che, secondo gli investigatori, ha del miracoloso e a sentire la relazione di un docente torinese incaricato dalla Procura sarebbe di fatto impossibile. Per ora però ci si prepara allo sbarramento dell’udienza preliminare: davanti al gup Stasi dovrà rispondere anche di un altro reato, assai scivoloso visto il contesto: detenzione e diffusione di materiale pedopornografico. Nel computer di Alberto c’erano migliaia di foto, centinaia di video e filmati pornografici a sfondo sessuale con protagonisti minorenni che, secondo qualcuno, potrebbero anche spiegare l’orrore di quella giornata. Forse Chiara aveva scoperto quelle immagini e gli avrebbe prospettato di troncare la relazione? Ipotesi.
La difesa ha studiato in queste settimane la geografia della macchie e ha elaborato un’altra versione: il corpo di Chiara sarebbe stato sollevato non da una ma addirittura da due persone, dettaglio che scagionerebbe immediatamente Stasi e proietterebbe l’omicidio in una direzione oscura e indecifrabile. Ma lo studio della difesa non convince il Ris dei carabinieri che ritiene di aver raccolto molti elementi contro il fidanzato. E negli ultimi giorni, dopo l’avviso di chiusura delle indagini, i legali di Stasi non avrebbero presentato repliche o controdeduzioni: «Non mi risulta - afferma l’avvocato di parte civile Gian Luigi Tizzoni - dunque la richiesta di rinvio a giudizio è la logica conseguenza del normale iter procedurale».
«La vita va avanti e noi dobbiamo continuare, purtroppo - spiega Rita Poggi, la
mamma di Chiara -. Chiara ci manca e non si dimentica niente. Ma ho un altro figlio che ha vent’anni e davanti a lui non posso permettermi nessun cedimento». Sarà dura, udienza dopo udienza, mantenere tanta compostezza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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