Milano - È morto alle 5 di questa mattina vicino a Milano il tenore Giuseppe Di Stefano. In coma dallo scorso dicembre, il famoso cantante lirico, che aveva 86 anni, era malato da tempo: la notizia dell’aggravarsi delle sue condizioni, poche settimane fa, era nota nell’ambiente della musica lirica. La notizia è stata diffusa dall’agenzia specializzata in musica classica Studio Musica. Le condizioni di salute del tenore erano peggiorate dopo il 3 dicembre del 2004, quando era rimasto gravemente ferito durante un’aggressione da parte di alcuni rapinatori, che lo avevano picchiato a morte mentre si trovava nella sua casa di Diani, in Kenya. Ricoverato all’ospedale di Mombasa, in seguito alle ferite riportate, il 7 dicembre era entrato in coma. Dopo un lungo viaggio di trasferimento verso l’Italia, era stato poi ricoverato in un ospedale di Milano. Dopo un po' le sue condizioni si erano stabilizzate, ma è rimasto infermo fino alla morte, avvenuta oggi. La sua situazione si era aggravata sotto Natale.
Il preferito dalla Callas La sua magica voce, il fraseggio perfetto e naturale insieme, il genio della sua interpretazione: tante ragioni artistiche e umane, tante doti naturali e di studio concorrono a rendere unica la personalità e la leggenda di Di Stefano. Espresse il meglio di sè come cantante lirico dagli anni ’40 fino alla metà dei ’70, periodo in cui il suo nome era anche legato artisticamente e affettivamente a quello di Maria Callas. I due avevano cantato insieme per la prima volta nel 1951 a San Paolo del Brasile, in una Traviata diretta dal maestro Tullio Serafin. Assieme alla cantante greco-americana si esibì negli anni successivi in opere e concerti, registrando anche dischi di grande valore artistico. Osannato dal pubblico, per oltre venti anni calcò i palcoscenici più famosi del mondo, formando una coppia inossidabile con la Callas. E fu ancora lui nel 1973, ad accompagnarla nell’ultimo tour intorno al mondo. Nato a Motta Sant’Anastasia (Catania) il 24 luglio, Di Stefano, detto Pippo, era figlio di un calzolaio, ex carabiniere e di una sarta.
Educato in seminario dai Gesuiti, per qualche tempo meditò di abbracciare il sacerdozio, quindi debuttò nella musica leggera presentandosi con uno pseudonimo. Studiò poi con il baritono Montesanto, e subitò bruciò le tappe: prima il vero debutto lirico nel 1946 a Reggio Emilia, dove cantò la parte di Des Grieux nella Manon di Massenet; poi il medesimo ruolo alla Scala di Milano; quindi nel 1948 gli applausi del Metropolitan di New York, quale Duca di Mantova nel Rigoletto di Verdi: un ruolo che al Metropolitan tornò a interpretare per molti anni. È invece del 1957 l’esordio sul suolo britannico, dove al Festival lirico di Edinburgo, interpretò Nemorino nell’Elisir d’amore di Donizetti. Quattro anni dopo, il Covent Garden di Londra lo applaudiva nella parte di Mario Cavaradossi nella pucciniana Tosca.
Dotato di una voce chiara, di una spiccata sensibilità interpretativa e di un’innata simpatia, potè rivestire interpretare con successo oltre cento ruoli da protagonista in un ampio repertorio: dal lirico puro dei primi anni, come Des Grieux nella Manon di Massenet o Arturo nei Puritani di Bellini; fino al repertorio lirico drammatico, come Cavaradossi nella Tosca di Puccini, Don Alvaro nella Forza del Destino di Verdi, Calaf nella Turandot di Puccini o lo Chenier in Andrea Chenier di Umberto Giordano. Notevole la sua discografia, sempre diretto dai principali direttori dell’epoca, Victor De Sabata, Tullio Serafin, Antonino Votto, fino a Herbert Von Karajan.
Ma il meglio lo dava nel caldo rapporto diretto con il pubblico. La generosità del temperamento lo portò ad includere in repertorio opere che non si addicevano del tutto alla sua vocalità.
Con generosità, dalla metà degli anni Settanta in poi si dedicò a master e seminari per giovani artisti, come quello a Spoleto, nel 1975, quando per i vincitori del Concorso Nazionale di canto, A. Belli, firmò anche la regia della Bohème di Puccini.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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