RomaLa conta vera non è ancora neppure iniziata, ma nel Pd intanto impazza la guerra dei sondaggi.
Cè stato quello di Ipr Marketing, lanciato dal Riformista, che qualche giorno fa dava Pierluigi Bersani in netto vantaggio e che ha fatto andare su tutte le furie i supporter di Dario Franceschini. Che di lì a poco hanno risposto per le rime (via Repubblica) facendo trapelare un altro sondaggio, di Ipsos, che diceva il contrario: il segretario in carica stravince persino nelle regioni rosse, a cominciare dallEmilia di Bersani. Ieri però, in un angolo nascosto di Repubblica (che tifa per il successore di Veltroni), compariva una garbata letterina di smentita del presidente dellistituto demoscopico, Nando Pagnoncelli: «Ipsos non ha realizzato sondaggi sulle intenzioni di voto», ma solo «uno studio sui dati storici di fiducia» riferiti ai due candidati.
Un disguido di comunicazione? Chissà. Lincidente comunque sta a dimostrare quanto sia acceso, e senza esclusione di colpi, lo scontro nel principale partito di opposizione.
A Roma come in periferia, dove le truppe sono schierate a fianco dei duellanti nazionali (Franceschini, Bersani e il terzo incomodo Ignazio Marino, che lamenta un accordo tra i due per oscurare la sua campagna elettorale) e dei loro candidati alle segreterie regionali. Il puzzle delle candidature fa capire che se non altro un risultato dimmagine il Pd sembra averlo raggiunto: la mesaillance tra le diverse anime, quella diessina e quella margheritica, almeno sulla carta si sta compiendo. Le provenienze si rimescolano, se il Ds (dalemiano) Marco Minniti, segretario della Calabria, sta con lex Ppi Franceschini; il post democristiano Gianfranco Morgando, segretario del Piemonte, sta col post Quercia Bersani. Scelte spesso personali o dettate da ragioni tattiche: se Minniti, come dicono i suoi amici, «viene dal Pci e quindi è sempre leale al segretario in carica, che sia DAlema, Veltroni o Franceschini», Morgando aveva il problema di essere riconfermato segretario regionale. E siccome Fassino (che sta con Franceschini) gli ha preferito il Ds Cesare Damiano, lui si è buttato con Bersani.
Fassino, lultimo segretario dei Ds, è lo stratega delle candidature franceschiniane: per togliersi di dosso il marchio «democristiano», che gli avrebbe alienato le simpatie di molti iscritti ex Pci, il segretario in carica gli ha affidato la scelta dei nomi. E Fassino ci si è messo dimpegno, a colorare di sinistra la mozione, schierando una raffica di nomi ex Ds: da Damiano, già ministro del Lavoro e fassiniano doc, a Sergio Cofferati (Liguria); da Debora Serracchiani (Friuli) a Mariangela Bastico (Emilia Romagna); da Agostino Fragai (Toscana) a Roberto Morassut (Lazio). In Campania, Fassino ha lanciato la sfida al tuttora potentissimo Antonio Bassolino (che appoggia Bersani) in nome della «discontinuità» e del rinnovamento. Così, ha scelto il giovane Leonardo Impegno, figlio dello storico migliorista del Pci napoletano Berardo, e ne ha lanciato la candidatura a segretario regionale auspicando «una stagione nuova nella vita politica e istituzionale della Campania».
Ma anche in casa bersaniana non mancano i pezzi forti ex Ppi. Non solo Rosy Bindi, Enrico Letta o Marco Follini: con lo sfidante di Franceschini ci sono anche molti uomini vicinissimi a Franco Marini.
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