E gli «orfani» di Muti pronti a fischiare cronometro alla mano

Harding viene accusato di essere «troppo veloce». Ermolli «Il confronto fra i due non esiste»

Piace alle signore e questo è fuor di dubbio, con quell’aria da ragazzino nei suoi trent’anni suonati. E oggi si vedrà se piace anche ai loggionisti, razza difficile da sedurre con i soli meriti estetici.
Ma Daniel Harding ha ben altre frecce al suo arco e durante le prove la sua esecuzione veloce e moderna ha trovato non pochi estimatori. Molti, ma non tutti. E le perplessità sono diffuse tra i mutiani, che non hanno ancora digerito l’addio forzato del maestro alla Scala e non sono rassegnati all’idea che dopo diciannove anni dovranno fare a meno di lui. Tanto più che è difficile immaginare un modo più diverso di dirigere l’orchestra.
«Harding va troppo veloce» è l’accusa che circola neanche sottovoce tra coloro a cui non piace l’accelerazione che sembra un po’ la cifra interpretativa del direttore d’orchestra inglese, gli stessi che preferiscono tempi più rilassati rispetto al «rock» che qualcuno ha intravisto nelle note dell’enfant prodige, cucciolo della nidiata di Abbado. Così dietro alle critiche si nasconde anche una versione riveduta e corretta della cara, vecchia, rassicurante rivalità tra mutiani e abbadiani, cultori di Riccardo Muti e seguaci di Claudio Abbado. A volte le ragioni della passione prevalgono persino sul lucido sentire dell’orecchio. Come non pensare alla Madama Butterfly del 1904, la prima in cui il fischiato fu Giacomo Puccini?
Potere della musica.

Bruno Ermolli, vicepresidente della Fondazione Scala, nega qualsiasi possibile antinomia: «Muti è un grandissimo interprete di Mozart e di Verdi, ma non potendo avere Muti perché se ne è andato via abbiamo Daniel Harding, la promessa più promessa dei mozartiani. Non è questione di fazioni, Harding non è in competizione con Muti, il confronto non esiste». Ma la decisione finale è in mano ai loggionisti. E un po’, anche ai cronometri che hanno al polso.

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