«E pensare che non avevo mai visto Zelig»

Di origini siciliane, è approdata alla recitazione per caso. Per il cabaret di viale Monza si è inventata il personaggio di Cetti

Miriam D’Ambrosio

«Voglio diventare una brava comica, questo desidero». E per realizzare il desiderio Teresa Mannino, la dolcissima Cetti di Zelig, lavora, studia, attinge dalla realtà per comporre i suoi testi e farcirli con l'ironia e la tenerezza di cui è capace. È arrivata a Milano per amore e questa città la ricambia offrendole la possibilità di esprimere il talento.
«A Palermo sono nata e amo tornarci, respirarla. Milano, però, l'ho scelta», dice. Racconta di sé con la leggerezza che le appartiene, solare, fresca, semplice, con una selva di ricci scuri a incorniciare il viso senza ombra di trucco. A Palermo Teresa si è laureata in filosofia, una sua passione. Non aveva nessuna voglia di seguire la familiare vocazione alla medicina.
Poi, arrivata a Milano, pensava (da brava donna del sud) di dedicarsi alla casa e al suo uomo. Ma il tempo a disposizione ha dato spazio ai sogni e Mannino ha scelto di frequentare la Scuola di recitazione del Carcano. «La dizione era un problema, l'accento siciliano era forte, e mi bloccava un po'. Poi, quando è arrivato Manuel Serantes, il mio maestro, un poeta cileno, mi sono sentita più sicura. A lui della dizione non importava. Per me è stato fondamentale, mi segue ancora».
Contemporaneamente alla scuola Teresa faceva lavori part time, vita d'ufficio per poche ore al giorno. «Finita la scuola ho cominciato a capire qual era la mia strada e ho voluto mettere su un testo di Feydeau insieme ad alcuni compagni di corso. Affittammo il teatrino di San Lorenzo qui a Milano, e, pieni di entusiasmo, facemmo per tre giorni uno spettacolo di beneficenza che ebbe il suo pubblico. Alla fine uscii sul palco con il mio pigiama, per parlare agli spettatori e stabilire un contatto immediato. Fu un momento bello, semplice, di scambio». Senza parete. Terminato lo spettacolo, attore e pubblico si guardano in faccia nella verità più assoluta, fatta di stanchezza e gioia.
È stato Alfredo Minutoli a scoprire questa sicula esile e forte e a farle fare un provino a Zelig, a maggio del 2002. «Non avevo nessuna esperienza, scuola a parte e mi sono trovata davanti a Gino e Michele e a Giancarlo Bozzo. Mi seguivano serissimi, ma sono andata lì con animo leggero, senza aspettarmi niente». Condizione ideale perché da settembre Teresa cominciò il laboratorio: «Eravamo tutte donne, non sapevo nulla di cabaret, a malapena avevo visto Zelig».
Cetti, anzi, la signora Concetta, è diventata la sua creatura. Ingenua ma non troppo, ciarliera, costretta a lavorare per avere contatti con il mondo, trapiantata dalla Sicilia a Milano. Senza troppi rimpianti. Ancorata all'origine ma innamorata della realtà nuova.
Come Teresa che adesso pensa comunque di accantonarla questa creatura e raggiungere una comicità sempre più matura. «Voglio imparare un mestiere. Ho iniziato da poco, sono giovane e mi sento un po' come un pilota d'aerei alle prime armi: ho bisogno di fare molte ore di volo per acquistare esperienza e sicurezza».
Mannino questa vocazione se la porta dentro da sempre, da quando restava incantata davanti al talento naturale di Tina Pica, indimenticabile Caramella di Pane, amore e fantasia e di tanto repertorio napoletano. «Tina Pica è la mia attrice comica preferita». Il suo amore si divide ancora per Totò e Troisi e arriva al genio di Benigni con cui le piacerebbe fare cinema, «o anche starlo a guardare mentre lavora». Fare cabaret, per lei, è stare in trincea ogni giorno e allenarsi con l'improvvisazione, necessaria.

I testi di Teresa (aiutata da Federico Basso), nascono da esperienze personali e «arrabbiature varie: quando sono arrabbiata scrivo. Concetta è nata così, ma è un personaggio positivo e solare che trasforma il mondo con il suo sguardo».

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