E sul volantino i magistrati diventano i «nemici del popolo»

Roma. La lotta armata delle Brigate rosse sembrava un lontano ricordo, ma nel 2009 ci sono ancora gruppuscoli come i Carc che invitano a un’anacronistica richiesta di «solidarietà senza “se” e senza “ma” ai compagni arrestati» a tutte quelle forze sociali che fino a trent’anni fa orbitavano a sinistra del Pci: «Sinceri democratici, sindacalisti onesti, comitati di lotta».
In un comunicato emesso dalla direzione nazionale dei Carc usando i formulari degli anni Settanta, i Carc si scagliano contro i magistrati romani Pietro Saviotti, Erminio Amelio e Maurizio Caivano, ritenuti responsabili di aver «montato» l’inchiesta che ha portato all’arresto di cinque persone tra le quali l’ex br Luigi Fallico ed Ernesto Morlacchi, figlio di un altro terrorista. Il nome dei due pm e del gip viene ripetuto per ben due volte all’interno del farneticante documento. Il tentativo intimidatorio è chiaro: indicare ai simpatizzanti dei Carc i «nemici del popolo» da combattere.
Un altro anacronismo è rappresentato dal «complottismo» che sottende all’appello a favore dei detenuti: l’inchiesta romana sarebbe stata montata ad arte dalla «banda Berlusconi» per usare il «pugno di ferro» al G8 dell’Aquila ed evitare che le manifestazioni no global si saldino con le proteste dei terremotati. Si tratterebbe infatti di una «manovra della borghesia imperialista» contro la quale l’unica risposta possibile è «la mobilitazione».
L’obiettivo della cellula marxista-leninista-maoista è «mettere davanti a tutto la stessa appartenenza di classe nella lotta contro la crisi dei padroni». In sostanza, «non deve interessare se un compagno è “innocente” o meno perché il codice penale è stato fatto dai padroni e ad esso va contrapposto il principio che “è legittimo tutto quello che è funzionale agli interessi delle masse popolari anche se illegale”».
Anche se i Carc partecipano alle elezioni con la falce e martello della Lista Comunista, il vero obiettivo è la rivoluzione, ossia la costruzione di un Paese socialista. Nelle indicazioni di voto fornite sul sito Internet, pur aderendo talvolta agli appelli di liste civiche o del Prc-Pdci, si stigmatizza «la legalità borghese come principio che regola i rapporti fra le classi» e si auspica «l’irruzione e del protagonismo delle masse popolari».
Magistrati come Saviotti, Amelio e Caivano e gli esponenti delle forze politiche democraticamente eletti possono quindi apparire come espressione della repressione borghese.

Questo presente assomiglia troppo al passato: nel 1976 i br Curcio e Gallinari rivendicarono l’assassinio genovese del procuratore Francesco Coco, reo di essersi opposto al rilascio dei «compagni arrestati» della Brigata XXII Ottobre.

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