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E al summit degli juniores Putin ruba la scena a tutti

Marcello Foa

nostro inviato a San Pietroburgo

Sono passate le undici di sera e Vladimir Putin convoca una conferenza-stampa fuori programma. Pochi istanti prima del suo ingresso, una ragazza col volto pulito e sorridente si avvicina. Indossa la t-shirt rossa dell’organizzazione del G8; con fare innocente mi sussurra all’orecchio: «Appena entra il presidente ci alziamo in piedi e facciamo la ola». Prego? replico. Lei insiste: «Sì dillo anche ai tuoi colleghi». Prova in tutti i modi, il capo del Cremlino, a strappare l’attenzione dei media.
Il tentativo della ola fallisce miseramente, ma la sala delle conferenze è gremita e in fondo questo gli basta. Putin non ha nulla di nuovo da dire, ma decine di giornalisti lo hanno atteso quasi fino alla mezzanotte. Altri tentativi vanno a buon fine. Uno su tutti: il J8 ovvero il G8 dei ragazzi. Il Cremlino ha fatto venire a San Pietroburgo otto ragazzi in rappresentanza di ognuno dei Paesi partecipanti al summit. Ci sono, ovviamente, anche quelli italiani; sei scelti tramite le associazioni studentesche, più due che hanno vinto un concorso indetto ad hoc. Hanno tra i 15 e i 17 anni.
Ragazzi svegli e ben preparati sull’attualità internazionale, forse più di quelli delle altre delegazioni. Per due giorni restano riuniti in un palazzetto a loro dedicato. Putin va a trovarli venerdì, poche ore prima di incontrare Bush. Indossa una t-shirt grigia e il suo diventa, ovviamente, uno show personale. Ma il meglio deve ancora arrivare. In Libano divampa la guerra, i leader delle potenze più industrializzate litigano su quasi tutti i dossier, ma il programma prevede, a mezzogiorno, una seduta con i rappresentanti degli studenti. Putin non transige: anche se ovviamente inappropriata, quella riunione viene confermata.
Seduti con gli otto leader attorno al tavolo delle conferenze, quei ragazzi fanno domande su temi da loro scelti; ovviamente politicamente innocui, come la povertà nel mondo, l’educazione, l’uguaglianza, la parità dei popoli. Sono presenti tutti i capi di Stato e di governo, ma l’incontro si trasforma, ancora una volta, in un’esibizione personale del presidente russo: risponde lui a quasi tutte le domande, riservando ad alcuni dei suoi ospiti uno spazio ridotto verso la fine della sessione. Putin, sempre solo Putin.
All’uscita incontriamo i ragazzi. Sono vivaci come tutti gli adolescenti e in questi frangenti euforici per aver vissuto un’esperienza unica. Esprimono la loro riconoscenza al Cremlino e si dichiarano affascinati da Putin, che, spiegano, «non è freddo come sembra in tv». Ma non sono affatto ingenui; non appena conclusi i convenevoli si lamentano delle ristrettezze del programma, che non ha permesso loro di approfondire gli argomenti sul tavolo del J8, e ammettono che le domande formulate erano molto generiche, in un certo senso telecomandate.

Il minisummit, più che ai ragazzi, è servito al padrone di casa.

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