da Roma
In occasione di una mostra dedicata a Leonardo Sciascia, pochi anni fa, fu esposta a Racalmuto una teca che conteneva un micidiale botta e risposta, pubblicato dal Corriere della Sera, tra lo scrittore siciliano e Pier Paolo Pasolini. Tema, non proprio uno dei più facili: l'aborto. C'era da rimanere sorpresi dalla schiettezza delle parole e dall'evidente rispetto tra i due contendenti. Chi si è inalberato per il convegno Pasolini conservatore, fissandosi sul titolo senza poi venire ad ascoltare, non ha capito almeno una lezione di Pasolini. Pasolini discuteva con tutti, dagli studenti universitari, di qualunque orientamento politico, fino a Leonardo Sciascia. Ah ma ieri c'era Ignazio La Russa, è appropriazione culturale delle destre. Beh ci mancherebbe che l'ospite, il presidente del Senato, non facesse i saluti istituzionali, prima del convegno (non dopo, e fa una grande differenza).
Avviso ai naviganti, dire "le destre" non vi fa sembrare più intelligenti. "Appropriazione culturale" poi è una bestialità woke che danneggia proprio la conoscenza di Pasolini e il dibattito sulle sue opere. Anche se Camillo Langone ha usato questa espressione con felice sarcasmo: "Non ho problemi ad appropriarmi dell'opera di Pasolini". Qualche giorno fa, alla Camera, la destra ha ricordato Pasolini, ma lì i contestatori dormivano della grossa e neppure se ne sono accorti. In aula la sinistra, coltissima, schierava cinque o sei deputati. Insomma, uno scambio, anche pesante nei contenuti ma rispettoso nei toni, è al di sopra delle capacità di quegli intellettuali che si sentono depositari della verità, e pensano di affermarla scegliendo qua e là una frase di Pasolini che fa comodo alle loro tesi, spesso di una banalità sconcertante anche se ammantate di supercazzole in accademichese. Non c'è stata alcuna appropriazione, nessun ingresso pasoliniano nel pantheon "delle destre". Le polemiche si sono dimostrate stucchevoli e perfino demenziali. Un'ottima pubblicità visto che le troppe prenotazioni hanno indotto gli organizzatori a traslocare in una sala del Senato molto più grande (il triplo).
In realtà, l'interesse della destra per Pasolini è pari all'interesse di Pasolini per la destra. Una destra divina. Il Pasolini dell'inizio degli anni Sessanta era un uomo in profonda evoluzione, e le sue letture andavano ormai ben oltre il campo marxista (senza rinnegarlo, questo sia chiaro). Un solo esempio. Il film Medea mette in scena lo scontro tra appunto Medea, rappresentante del mondo arcaico, immerso nel sacro; e Giasone, campione del mondo moderno razionale e insensibile alla spiritualità. Alcune scene sono una trasposizione fedelissima del Trattato di storia delle religioni di Mircea Eliade, ex guardia di ferro rumena in tranquillo esilio francese.
Pasolini si mette dalla parte del sacro perché il sacro sta per essere spazzato via in nome dell'efficienza materialista del capitalismo. Il sacro è uno strumento di resistenza al potere: rende divino e quindi intoccabile l'uomo. Togli il sacro, e la società comincerà a rotolare su un piano inclinato, in fondo al quale c'è la turpe fabbrica dell'uomo, il potere assoluto sulle nostre menti, piegate all'omologazione, e sui nostri corpi disponibili a essere profanati dalla tecnica. In realtà l'opera di Pasolini (oltre ventimila pagine) ci parla del passato, certo, ma anche e soprattutto della nostra epoca.
Tutti questi aspetti, e ancora altri, sono stati toccati dai convenuti all'incontro promosso dalla Fondazione Alleanza Nazionale in collaborazione con Il Secolo d'Italia. La giornata è stato aperta dai saluti di Ignazio La Russa, presidente del Senato, di Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura della Camera, di Francesco Giubilei, direttore del Comitato Scientifico della Fondazione Alleanza Nazionale, e di Antonio Giordano, deputato e vicepresidente della stessa Fondazione. Sono seguiti, oltre a quello di chi scrive, gli interventi di Alessandro Amorese, deputato ed editore, Paolo Armellini, docente della Sapienza Università di Roma, Gabriella Buontempo, presidente della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia, Andrea Di Consoli, scrittore, Camillo Langone, scrittore e giornalista. Ha moderato Annalisa Terranova, giornalista, autrice anche di un interessante intervento sui rapporti tra Pasolini e il Msi.
Un aneddoto per concludere. Pasolini amava molto uno scrittore ingiustamente dimenticato (di cui nessuno si vuole appropriare purtroppo, io ci farei un pensiero). Si chiama Antonio Delfini, outsider geniale, realmente irregolare, perché non gliene fregava niente di esserlo o non esserlo.
Ha scritto un manifesto politico semiserio (più serio, comunque). Si intitolava Manifesto per un partito conservatore e comunista. Sosteneva che lo sviluppo non è il progresso, e che solo i conservatori possono essere veri comunisti.