Ecco le tre Pipettes, lanciano il «pop a pois»

dal nostro inviato

E va bene che l’abbiamo già visto. Però i tempi erano quelli della swingin’ London e in tivù gli abitini a pois venivano solo in bianco e nero, persino un po’ sfocati. Invece guarda che colori, le Pipettes, e che ritmo queste tre ragazze di Brighton che in Gran Bretagna sono sul trampolino del successo e stasera cantano nel piccolo Transilvania di Milano il loro repertorio di ritornelli frou frou (come Your kisses are wasted on me) e di canzoni che fanno schioccare le dita come a Danny Zuko alle feste di Grease (per esempio Pull shapes). Sono, per farla breve, l’altra faccia del pop del Duemila, quella che discende direttamente dal popular di Phil Spector e da quella gioiosa voglia di ballare in sintonia, sorridendo e fasciando le fantasie in tubini attillati di colori pastello. Però forse è di nuovo il momento giusto. Nonostante nel loro ciddì We are the Pipettes (distribuito dalla V2 Records) siano inciampate in qualche incertezza negli arrangiamenti o nella metrica dei cori, le Pipettes (accompagnate in scena dai The Cassette, quattro musicisti naturalmente maschi) hanno quello che si dice il tiro giusto, ballano come si deve e, soprattutto, sono cantanti e personaggi allo stesso tempo.

Anche per questo hanno preso dai Ramones il vezzo di battezzarsi tutte con lo stesso cognome (Gwen, Rose e Becki Pipette) e di pettinarsi come Twiggy quando il Daily Express decise che era proprio lei il simbolo della bellezza anni Sessanta. In fondo, a dar retta a queste ragazzine impertinenti, sembra solo ieri.

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