Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica
Pino Scelsi, primo titolare dell’inchiesta sulle escort a palazzo Grazioli, spara a zero sul superiore Antonio Laudati. L’ex pm, oggi sostituto procuratore generale alla Corte d’Appello di Bari,è il protagonista dell’attacco concentrico al nuovo procuratore arrivato a guidare l’ufficio di Bari a settembre di due anni fa, nel pieno caos mediatico seguito all’intervista a Patrizia D’Addario. Vicino a Md, Scelsi è finito suo malgrado tra i sospettati delle continue fughe di notizie su Berlusconi e le escort (registrazioni della D’Addario sigillate nella sua cassaforte, comprese), sia perché molti atti segreti delle sua inchiesta sono finiti anzitempo in edicola, sia perché dal suo pc personale sono stati estratti i verbali di Tarantini non ancora messi a disposizione della difesa (sul punto è stato arrestato un tecnico informatico). A sua discolpa Scelsi ha riferito che il senatore del Pd Maritati,l’ex pm e amico che chiese l’archiviazione per i finanziamenti illeciti a D’Alema da parte del re delle cliniche Cavallari (indagò anche Scelsi) un giorno gli avrebbe invano chiesto notizie su Tarantini e i dalemiani. Maritati, come Scelsi, è molto amico dell’avvocato della D’Addario, considerata da quest’ultima lo snodo del complotto anti-Cavaliere nella sua denuncia di metà luglio e sul quale Laudati sta indagando. Tra i motivi di attrito di Scelsi con la sua stessa procura anche la presenza, nelle intercettazioni dell’indagine su Tedesco, di suo fratello Michele, medico, mai indagato,nominato da Tedesco primario all’ospedale «San Paolo».E con l’ex assessore è stato intercettato mentre parlano del suo futuro incarico.
È un protagonista, Scelsi, col dente avvelenato. Che denuncia a sua firma quanto parzialmente già contenuto in un «anonimo» inviato alla Prima Commissione del Csm dove siede il collega e amico «verde» Rossi (titolare di un’indagine su Tarantini rimasta ferma cinque anni). Ma non tutti gli appunti di Scelsi sembrano inattaccabili e riscontrati. Anzi.
LA RIUNIONE ANOMALA
Nell’interrogatorio di sabato a Lecce e nell’esposto spedito a luglio al Csm, Scelsi rimarca l’episodio «anomalo» dell’incontro a giugno 2009, con un Laudati non ancora insediato, col generale della Gdf Bardi, e con due uomini della finanza che lavoravano con lui: il comandante del nucleo tributaria, D’Alfonso, e il colonnello Paglino. Secondo Scelsi, Laudati disse di essere «stato mandato a Bari per conto» del ministro Alfano al fine di «blindare » mediaticamente l’inchiesta. Eppure proprio una dichiarazione di Alfano di due anni e mezzo prima sembra smentire questa versione: «Gli avevo proposto (a Laudati, ndr ) l’incarico a Eurojust – disse il Guardasigilli - ma mi ha detto no preferendo restare in trincea e guidare un’importante procura». Per Scelsi quell’incontro sarebbe stato «non ortodosso»: una «anomala interferenza ». Ma dice anche che, quando il suo ex collega e coordinatore della Dda Marco Di Napoli gli chiese se voleva «prendere iniziative», preferì soprassedere per «non creare un clima negativo fin dall’inizio». Una relazione, protocollata, la fece invece il fedelissimo di Scelsi, Paglino. «Concordando» con il pm, ricorda l’investigatore. Ma Scelsi nega e parla di iniziativa autonoma. Fatto sta che Paglino, meno di un anno dopo, finisce addirittura arrestato dalla procura di Bari con l’accusa di stalking: avrebbe tempestato di telefonate testimoni dell’affaire D’Addario (Terry De Nicolò, ndr) e giornaliste.
FUGHE DI NOTIZIE SOSPETTE
A dire di Scelsi, Laudati voleva arginare le continue fughe di notizie. Per il responsabile di un ufficio giudiziario non dovrebbe essere una colpa. Par di capire però che per l’ex pm lablindatura fosse solo una specie di copertura per rallentare l’indagine. Una cosa è certa: prima dell’arrivo di Laudati,quando Scelsi è il solo titolare del fascicolo, l’impermeabilità non è garantita. Prima la D’Addario fa la sua intervista, messa subito in relazione con l’indagine su Tarantini. Poi, il giorno dell’insediamento di Laudati, un verbale di Gianpi, non a disposizione della difesa, finisce in edicola. Anche il pm Pontassuglia, affiancata a Scelsi quando Laudati crea pool di tre magistrati per ogni fascicolo, ammette candidamente a verbale: «In quel periodo le fughe di notizie riguardanti le indagini sulla sanità erano frequentissime».
CHI RALLENTA LE INDAGINI?
Sul rallentamento, Scelsi «rivela» anche che il nuovo comandante della tributaria, Quintavalle, avrebbe, a proposito del filone escort, detto ai pm di aver capito che quell’indagine andava «messa un po’ da parte». La Pontassuglia dà una lettura assai meno complottista, spiegando che per lei si era trattato di un semplice «equivoco» di Quintavalle al momento del passaggio di consegne col predecessore, D’Alfonso,«al quale era stato effettivamente detto ( dagli stessi pm, ndr) di tenere in cassaforte la delega su quell’indagine ma solo in attesa della individuazione della squadra cui affidarla di Quintavalle ». E il ritardo nell’individuazione della squadra? Per la Pontassuglia, è «colpa» di Scelsi che non gradiva l’investigatore individuato in un primo momento, perché in «diretto collegamento» con Laudati: «In effetti vi era stato un ritardo racconta la pm – perché dopo una prima individuazione informale del gruppo (...) in quello comandato dal maggiore Sportelli (già aggregato all’aliquota presso la segreteria del Procuratore e poi trasferito in forza alla Pt di Bari) e la preoccupazione manifestata da Scelsi sull’opportunità che Sportelli se ne occupasse stante il suo diretto collegamento con il Procuratore, fu identificata una squadra (...) che però aveva in corso un’altra indagine (...) e che avrebbero potuto avviare le indagini sulle “escort” solo al compimento di esse». Sui «solleciti» alla Gdf per l’informativa, dei tre pm firma solo Scelsi. Perché?
IL COMPLOTTO SUL COMPLOTTO
Altra freccia scoccata da Scelsi: Laudati avrebbe insistito per fare domande a Tarantini su un possibile «complotto» ordito per incastrare Berlusconi. Scelsi mette a verbale di aver abbandonato sbattendo la porta un interrogatorio con Tarantini per «l’evidente intromissione da parte di altri nella programmazione degli argomenti da chiedere a Tarantini» dopo che Gianpi si era lamentato delle domande sul «complotto mediatico-politicogiudiziario », riferendosi «a ipotesi ricostruttive – dice Scelsi – che nessuno di noi aveva in precedenza formulato». La pm Pontassuglia lo smentisce: «In un incontro al quale avevano partecipato noi tre assegnatari del procedimento e la Gdf (senza il procuratore), si era valutata l’opportunità di definire uno schema di argomenti (...) per chiedere a Tarantini le informazioni necessarie. (...) Tra i temi si era individuato quello dell’esigenza di comprendere quali fossero stati i rapporti tra De Santis, Tarantini e D’Alema (...) e se vi fosse collegamento» con «i rapporti che la D'Addario aveva avuto con Berlusconi».
CHI, QUANDO, MANDA MARITATI?
Come il Giornale ha già scritto, Scelsi rivela di aver avuto una «richiesta di informazioni» dal senatore del Pd, ex sottosegretario alla Giustizia con Prodi ed ex magistrato Alberto Maritati, a sua volta «incaricato» da Roberto De Santis, «persona assai vicina all’on. D’Alema e suo compagno di barca», che aveva chiesto a Maritati «di raccogliere informazioni sulla vicenda per la quale erano state disposte le perquisizioni». Scelsi parlò del dettaglio, emerso anche dalle intercettazioni di telefonate tra Maritati e De Santis (dove sono?), sia a Laudati che «al Procuratore dell’epoca Marzano, forse al pm Marco Di Napoli ( a cui i pm campani nulla chiedono al riguardo, ndr) e certamente l’episodio fu oggetto di commento con i finanzieri che seguivano l’intercettazione di De Santis». Di certo, Tarantini ha detto che dopo aver subito la prima perquisizione, maggio del 2009, chiese una mano a De Santis, che poi nemmeno gli rispose.
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