«Ecoballe, il Lazio non può bruciarle»

Marrazzo non rifiuta i rifiuti napoletani, ma il favore a Bassolino accende le polemiche. Quelle cinquemila tonnellate di «ecoballe» che il governatore si è offerto di accollarsi per liberare le strade della Campania invase dall’immondizia sono infatti un regalo che non convince molto, né tecnicamente né dal punto di vista ambientale. Il presidente della Regione però non sembra porsi il problema, e ritiene anzi che il compito di «solidarietà monnezzara» sia largamente alla portata del ciclo laziale dei rifiuti. Visto che quest’ultimo, ricorda l’ex telegiornalista - fino al recente passato assorbiva già combustibile da rifiuti «di importazione».
«È un’operazione che gestiremo in collaborazione con il governo - la spiegazione del Governatore - e i cittadini del Lazio devono sapere che non cambierà nulla rispetto a ciò che è successo nei mesi e negli anni precedenti: prima arrivava Cdr fuori regione, questa volta arriverà del Cdr dalla Campania e solo quello verrà smaltito nei nostri impianti». Insomma, per Marrazzo siamo nel campo della matematica: se il sistema regionale dei rifiuti è stato alleggerito della quota di cdr che arrivava dalle altre regioni, quelle cinquemila tonnellate di spazzatura made in Naples sono largamente gestibili. Ma è davvero così? Il parere del presidente non è condiviso da tutti. Anzi.
Tra le voci contrarie, ecco quella dell’Ugl, che affida le sue critiche a una nota congiunta del segretario romano Luca Malcotti e del responsabile provinciale igiene urbana e pubblica Remo Cioce. Ritenendo «non sostenibile» il progetto di Marrazzo. «Le famose ecoballe, sulle quali indaga la magistratura campana e che sono stoccate a tonnellate nei siti provvisori, hanno un valore calorico di 13.200 chilojoule per chilo, mentre gli impianti di termovalorizzazione del Lazio usano Cdr che sviluppa 15000 chilojoule/chilo». Tradotto più semplicemente, è un problema di «qualità» dell’immondizia che andrebbe bruciata nei tre termovalorizzatori del Lazio, due a Colleferro e uno a San Vittore.
Ecoballe e cdr dovrebbero essere composti da residui secchi, sia per produrre più energia che per limitare l’inquinamento. Ma quelle campane, ottenute negli impianti cdr di Giugliano e di Caivano, contengono una percentuale elevata di parte umida, poiché sotto il Vesuvio non c’è raccolta differenziata. In una parola, quelle ecoballe sono inadatte agli impianti di termovalorizzazione della nostra regione: bruciarcele lo stesso potrebbe sia provocare guasti tecnici ai forni che causare problemi di natura ambientale. La soluzione c’è, ma non è detto che sia percorribile. Quei rifiuti già trattati dovrebbero essere sottoposti a un nuovo ciclo di «raffinazione» negli impianti laziali che producono cdr. Ma rilavorare quelle 5mila tonnellate rallenterebbe il conferimento dell’immondizia «nostrana», rischiando di creare situazioni di emergenza o quantomeno di sovraccarico. Va ricordato anche che il sistema dei rifiuti laziali non è esattamente impeccabile: il piano dei rifiuti attende ancora l’approvazione, la gestione straordinaria si è conclusa solo il 31 dicembre, la percentuale di raccolta differenziata è ancora inferiore al venti per cento.
Ma, al momento, Marrazzo prosegue per la sua strada. E assicura che le ecoballe targate Napoli verranno «certificate» prima di finire al forno: «Non potrà arrivare nulla che non sia cdr che non si possa bruciare nei nostri impianti», assicura il Governatore.

Ma c’è chi si smarca dalla sua posizione, e chiude la porta ai rifiuti campani: il presidente della provincia di Frosinone, Francesco Scalia. L’esponente della Margherita quelle ecoballe, certificate o no, non le vuole: «Non prenderemo neanche un sacchetto, perché diversamente andremo noi in emergenza».

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